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giovedì 13 gennaio 2011

Il futuro e i diritti



Concita de Gregorio








È una vittoria di principio, la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento.Una vittoria simbolica – il riaffermarsi dell'idea di Giustizia così come la definisce la Costituzione – destinata tuttavia a restare senza effetti concreti. Come quasi sempre accade in questo nostro disastrato paese non succederà nulla, alla prova dei fatti. Ora che la Consulta ha fatto decadere in parte i contenuti della legge che consentiva al premier di non presentarsi mai in aula il presidente del consiglio dovrà farlo, invece: l'imputato si presenti, dice questa decisione in teoria. In pratica però  esisteva già prima della legge un articolo del codice che definiva le occasioni di  legittimo impedimento: il giudice, di nuovo e come sempre, deciderà di volta in volta se ci siano motivi validi, Silvio Berlusconi farà in modo di presentare giustificazioni che appaiano valide.

Si presenterà in aula il meno possibile, giusto qualche volta, diciamo un paio, per denunciare davanti alle telecamere all'uscita dall'aula la sua condizione di perseguitato. Può comunque dormire sonni tranquilli: tutti i processi in corso ripartono da zero per motivi legati alla nuova composizione dei collegi (gli anni passano, i giudici cambiano) dunque a conti fatti sono tutti destinati acadere in prescrizione. Passeranno i mesi e forse gli anni, non ci saranno sentenze definitive per chi ha corrotto e comprato il comprabile, cose e persone, in spregio al diritto e alla decenza.
Lo spregio al diritto e alla decenza è del resto lo spirito del tempo. Ho ricevuto decine di lettere, in questi giorni, di operai di Mirafiori così come era accaduto nei giorni di Pomigliano. Ho visto anziani operai piangere. La responsabilità che grava sulle spalle dei lavoratori Fiat, in queste ore, è enorme, sproporzionata, ingiusta. Un Paese non può delegare le sorti del futuro di tutti alla decisione di chi non ha alternative al suo posto di lavoro. E' vero che il modello Fiat è destinato  a fare scuola. E' proprio per questo che i lavoratori della Fiat non dovrebbero essere  lasciati soli a decidere.
Ci dovrebbe essere un governo che prende posizione in favore del lavoro e dei diritti (ne abbiamo all’opposto uno che si appiattisce sul diktat di Marchionne), naturalmente un sindacato, ovviamente una sinistra ferma e coesa che si ponesse, unita, il problema della tutela dei lavoratori di oggi e di domani. Chi chiede agli operai di bocciare l'intesa lo fa da casa, dal caldo del suo salotto. Se è una rivoluzione quella che pesa sugli uomini di Mirafiori allora forza, tutti ai cancelli a fare la rivoluzione con loro. Gli inviti e gli appelli scritti al computer, col sigaro che fuma nel posacenere accanto, sono un insulto a quei vecchi che piangono, a quei giovani che scrivono “io come dico a mia moglie che ho perso il lavoro, come pago i libri di scuola ai miei figli, come gli compro da mangiare?”. Cosa fareste voi, ciascuno di voi, se aveste 50 anni, due figli, 1800 euro al mese e nessuna alternativa? Bisognerebbe dire di no, certo, al ricatto.

Però bisognerebbe che un istante dopo ci fosse qualcuno che dicesse bravo, hai fatto la scelta giusta, eccoci qua a garantirti la vita, vieni. Eccomi, sono il governo del tuo paese, vieni. Eccomi, sono un imprenditore illuminato, ecco un posto nella mia azienda. Eccomi, sono l'opposizione, da oggi posso darti io da vivere. Stanno così le cose? Non mi pare proprio. Sono con le spalle al muro, a Mirafiori. Siamo tutti con le spalle al muro insieme a loro. L'atteggiamento di Marchionne è inaccettabile, tutti gli aut aut lo sono: non si porta via la palla dal campo a chi non accetta le nuove (odiose, illegittime) regole del gioco. Si decide insieme, si decide prima di scendere in campo la regola qual è. Lo sanno anche i bambini, persino quelli che fanno i capricci e la palla non la vogliono restituire: sanno che hanno torto.
L'altro corno del problema, però, è che la difesa dei diritti di tutti – negli ultimi decenni – è stata troppo spesso la mortificazione del merito di molti e l'alibi dietro cui si sono nascosti coloro che hanno approfittato della tutela collettiva (perché non sapevano, poveri di capacità e fuori mercato, o perché non volevano, colpevoli di opportunismo) per dare il meno possibile e prendere per sé a discapito degli altri, specialmente dei più giovani. E’ anche questa l’origine della tragedia della generazione senza futuro. Insieme ai deboli sono stati protetti i furbi. Questo anche va detto, in tempi di gravissima crisi economica e sociale: che troppo spesso le tutele garantiscono insieme chi lavora molto e chi poco, offrono giuste garanzie a chi non può e ingiuste tutele a chi non vuole e non sa. Questo avrei voluto sentir dire, anche, da chi difende giustamente i diritti di tutti. Da chi dice agli operai: votate No. Avrei voluto sentir dire mettiamoci al lavoro tutti insieme per ridisegnare i confini delle tutele collettive - per i vecchi come per i giovani che non avranno contratti equi né pensioni – per garantire chi sa e vuole fare e per mettere in fondo alla lista chi approfitta. Non l'ho sentito e temo che pagheranno i deboli, come sempre, e che vinceranno i furbi e i farabutti al potere, come tutto intorno a noi accade ogni minuto.


13 gennaio 2011

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