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domenica 26 giugno 2011

Le sconfitte elettorali e la politica immobile


di Nadia Urbinati
in “la Repubblica” del 26 giugno 2011

Continuare come se nulla fosse successo nel frattempo, come se il crollo di fiducia nella politica della destra non ci sia stato, come se la sconfitta di Milano, che prima del 15 maggio sembrava impensabile al premier, sia stata un fatto assolutamente irrilevante. Come se la grande disobbedienza del 12 e 13 giugno sia capitata in un altro paese. Tutto ciò che prima sembrava determinante, una volta avvenuto è stato rubricato in fretta nel capitolo della cronaca antica.  Siccome i cittadini non hanno votato a elezioni politiche, essi non hanno espresso alcun giudizio su questa maggioranza di governo quando hanno votato a favore di coalizioni di centro-sinistra e quando hanno detto No all'insistente suggerimento di Berlusconi di non andare a votare ai referendum.
A leggere i giornali di questi giorni sembra che niente di nuovo ci sia sotto il sole italiano: il clientelismo con i quale si è cementata questa alleanza di governo mostra un altro spezzone del suo carattere sistemico, perpetrato con studiata intelligenza, per distribuire incarichi proporzionalmente al nord come al sud, nelle posizioni di rilievo politiche, amministrative e aziendali. Come a riconfermare il carattere endogeno che lo contraddistingue dal primo giorno del suo insediamento, il governo ha deciso di tenere conto solo delle opinioni che gli sono favorevoli, di dar segno di rispondenza solo a quella parte della società e della cittadinanza che è in sintonia con il suo fare. Gli altri, le opinioni degli altri, non esistono, non hanno peso, non contano. Indifferente all'opinione autorevole che i cittadini hanno voluto far giungere chiara e forte a Roma, il governo della Repubblica, che nella costituzione e nei manuali di dottrine della politica è definito come un potere dipendente e in questo senso servente rispetto a quello sovrano rappresentato in Parlamento e prima ancora nelle urne, persiste nella sua opera di occultamento e indifferenza.
La P4 rispecchia l'identità proteica dell'ideologia berlusconiana, poiché nonostante gli sforzi che facciamo per connotare onorevolmente le ideologie, interpretazioni di parte ma pur sempre politiche dei fini indicati nella costituzione, questa che ci governa da anni è un'ideologia. I cui caratteri principali e facilmente riconoscibili sono: il non rispetto delle regole poiché, si fa credere, limitano la libertà e l'intraprendenza di chi governa e al cui giudizio carismatico solo è bastante rifarsi se si vogliono conoscere le regole di ciò che conviene o non conviene; la giustificazione della necessità dell'emergenza quando l'ordinamento resiste alla volontà di potenza; la propaganda di ciò che si vuole il popolo creda e pensi; l'instancabile demolizione della dignità dell'opposizione, un intralcio al potere della maggioranza invece che un necessario controllo; la privatizzazione del bene pubblico, nel quale vanno messe prima di tutto le regole del gioco che non sono proprietà di chi le usa, oltre che le risorse dello stato, tra le quali la legge è certamente quella più importante; il fare delle istituzioni luoghi per portare a compimento prima di tutto ciò che è nell'interesse privatissimo di chi governa, anche a costo di "mettere un velo" sulla legge (ovvero sulla libertà), per parafrasare il "divino Montesquieu"; infine e a compimento di tutto questo, la certosina e diremmo quasi perfezionistica attenzione a praticare l'arte del nascondimento. Dimostrando per contrario quanto Kant avesse visto bene nel cuore umano quando aveva scritto che si nasconde perché si sa e si presume che ciò che si fa è sbagliato. La pubblicità come segno di onestà e quindi anche di libertà, poiché mette tutti nelle condizioni di poter sapere e quindi giudicare e decidere con competenza o comunque in buona coscienza.
Nascondimento prevede inganno; inganno presume un potere supremo e senza limiti. Siamo sempre qui, sempre al punto iniziale con il quale il governo era entrato sulla scena politica, riconfermando che la doppiezza e la manipolazione sono le sue caratteristiche endogene, senza le quali non sarebbe o cadrebbe. E non a caso, ogni volta che il marcio affiora si ricorre al rimedio estremo: cambiare le norme perché come sono non consentono il nascondimento.
La contraddizione tra questa pratica sistemica e le regole del gioco democratico costituzionale èstridente, insanabile. Sappiamo che la nostra democrazia è forte, perché la vitalità e ragionevolezza della cittadinanza si sono mostrati con sobria e pubblica chiarezza, senza infingimenti, propagande e parole roboanti. Le due parti del dramma che viene calcato sulla scena politica italiana sono ben definite e fingere che una delle due non esista o sia apparsa e scomparsa come una cometa nell'attimo della conta dei voti è oltre che sbagliato, improvvido per chi finge. Come ha scritto Ezio Mauro, la memoria dei post-it é ancora fresca e riprendere la lotta contro i tentativi di oscurare la verità, di impedirci di sapere quel che succede nelle stanze dei palazzi non sarà né irrealistico né difficile. La discrepanza tra il dentro e il fuori delle istituzioni è ormai marcata. Sentire fastidio per ciò che è stato detto con il voto, fingere che non sia successo nulla, continuare a razzolare come prima e anche più caparbiamente di prima può essere improvvido. Certo è un segno di timore di perdere il potere, di debolezza quindi, non di forza.

martedì 21 giugno 2011

La nota del mattino 21 giugno 2011

Partito Democratico

1. MENTRE LA BORSA VA GIU’ E MOODY’S ACCENDE UN FARO ANCHE SU AZIENDE E REGIONI ITALIANE IL GOVERNO PASSA IL TEMPO A DECIDERE SULLE SEDI Dl RAPPRESENTANZA DEI MINISTERI AL NORD.
Cade la Borsa. L’Agenzia di Rating Moody’s mette sotto osservazione le grandi aziende pubbliche (Poste, Eni, Enel, Terna) e il debito delle regioni e dei principali comuni. L’italia insomma sta affrontando un tornante difficile proprio alla vigilia delle decisioni che Tremonti deve annunciare sulla riduzione del deficit (l’ormai nota manovra da almeno 40 miliardi di euro da realizzare per il 2013-2014).
Di fronte a questo scenario il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il leader della Lega Nord Umberto Bossi hanno passato la notte a fare un accordo per stabilire che alcuni ministeri avranno una sede di rappresentanza al Nord, cosa che peraltro già c’è: da anni il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha un attrezzatissimo ufficio a Milano. E non solo: Berlusconi e Bossi hanno trascorso la notte a discutere anche di quando e come sganciarsi dall’intervento Nato in Libia, ben sapendo che: a) come ha segnalato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l’italia ha già preso un impegno votato dal Parlamento; b) c’è già una scadenza minima, fissata a settembre. Gli italiani rischiano di pagare cara questa inadeguatezza.
Da La Stampa. Marcello Sorgi. ‘Cos’è,  diventato nell’ltalia del 2011 un accordo di governo che prevede impegni e scadenze stringenti e un programma concordato da rispettare? Se Berlusconi si fosse posto subito, domenica, questa domanda, invece di tirare platealmente un sospiro di sollievo perché Bossi aveva scelto di nuovo la strada del «penultimatum», non si sarebbe trovato ieri a fare i conti con un alleato impossibile da accontentare e con il Capo dello Stato che richiama il governo alle proprie responsabilità. Bastava semplicemente guardare con attenzione ciò che è successo sul pratone di Pontida e che molte tv, non la Rai, hanno trasmesso in tutte le salse. Un leader malandato, esausto, quasi privo di forze e del tutto a corto di argomenti, che appoggiandosi a malapena sugli altri oratori chiamati sul palco snocciola una serie di proposte alla rinfusa, roba trita e ritrita a cui lui stesso non sembra più credere.
Ma davvero Bossi ritiene ancora, dopo venti e più anni in Parlamento, che la gente del Nord beva la storiella del taglio dei parlamentari e dei loro stipendi? O che il problema delle auto blu si risolva consigliando ai ministri di comprarsi una macchina? Che Tremonti taglierà le tasse solo perché lui lo chiede e l’altro non può dirgli di no? E tralasciamo, per carità di patria, il computo delle mucche morte su cui L’Europa, secondo Calderoli, vorrebbe far pagare le multe e la Lega promette che non ci riuscirà. Ma la cosa più grave è stato l’intervento di Maroni, fino a qualche tempo fa considerato il più istituzionale del gruppo dirigente della Lega, e ieri, e non solo ieri purtroppo, in tutt’altra veste. Può il ministro dell’interno  di un Paese che sta celebrando i 150 anni della sua storia unitaria inneggiare alla «Padania libera>)? Può tacere davanti ai militanti-che gridano «secessione»? Può dire che l’unico modo di fermare l’onda degli immigrati è por fine’alla guerra con la Libia, il che equivale ad affermare che è meglio far soccombere i profughi alla più sanguinosa delle repressioni? E può ignorare che Berlusconi non ha il potere di fermare, e neppure di imporre un termine, all’intervento della Nato a Tripoli? Invece di spiegare ai leghisti le difficoltà in cui si trova la Lega al governo, come avrebbe fatto un leader politico che, almeno nelle aspirazioni del suo partito, potrebbe in futuro ricoprire l’incarico di presidente del Consiglio, Maroni sorprendentemente s’è distaccato dal suo ruolo di ministro e s’è rimesso la camicia verde. Se da presidente del Consiglio qual è si fosse posto queste domande - o anche una sola: la Lega è tuttora un partito di governo? - Berlusconi non avrebbe passato ieri l’ennesima nottata a cercare di rammendare la sua tela ormai troppa piena di buchi. Se ci avesse riflettuto, su, avrebbe subito realizzato che il primo a essere stato danneggiato dalla mediocre messa in scena leghista è proprio lui, il premier che tiene così tanto alla sua immagine internazionale, che soffre più di tutto l’approssimazione, i rinvii, le brutte figure. L’’uomo del fare» alle prese con le mucche morte! Possibile? Possibile: e la cosa peggiore è che a Berlusconi è toccato pure far finta di niente per timore di appesantire il clima già incerto in cui si apre oggi la verifica in Parlamento. E’ toccato così nuovamente al presidente Napolitano intervenire. La durezza dei suoi toni, la severità dei contenuti e l’urgenza con cui ha deciso di prendere la parola fanno intuire che le conseguenze della sceneggiata di Pontida sul piano internazionale stavano già propagandosi, e si era resa indispensabile una messa a punto degli impegni nei confronti degli alleati con cui l’Italia collabora nelle missioni di pace. Un’ennesima toppa, che terrà quanto potrà, visto che ormai il guaio è fatto. E che potrebbe essere smentita oggi stesso, se la Lega sulla Libia insisterà, come sembra, per mettere Berlusconi con le spalle al muro”.
2. UNA FIDUCIA DIETRO L’ALTRA. DA OGGI VOTAZIONE CONTINUA. IL GOVERNO POTRA’ AVERE I VOTI, MA E’ ALLA FRUTTA.
Tra oggi e domani, al Senato e alla Camera, il governo dovrà superare il voto di fiducia prima sul decreto sviluppo e poi sul cambiamento della maggioranza. E’ assai probabile che riesca ad ottenere i voti necessari, salvo incidenti di percorso sugli ordini del giorno. Ma questo non cambia nulla. Ormai non c’è bisogno di argute analisi politiche per vedere che questa maggioranza e questo governo rischiano di portare l’Italia a sbattere.

3. CRICCHE, SERVIZI, P2, ARRESTI, AFFARI, IMPOSIZIONI. ALL’OMBRA DI QUESTA DESTRA L’ITALIA PEGGIORE HA PRESO IL SOPRAVVENTO
Gli appalti del GB, la cricca, i regali di Anemone, dalle case al Colosseo fino ai frullatori. Le indagini su Verdini e la P3. Ora lo scandalo della cosiddetta P4. Il tutto condito con il riaffiorare in primo piano gli iscritti alla vecchia P2, i loro collegamenti con i servizi, l’attività di dossieraggio per colpire i nemici politici, i collegamenti per fare affari, imporre le persone e le carriere. L’arresto di Lele Mora, compagno di bagordi  notturni e accusato di aver procurato giovani disponibili a Berlusconi. Tutto questo verminaio rappresenta anche plasticamente l’Italia peggiore che ha preso il sopravvento sotto l’ala protettrice del governo, del Pdl e della Lega. 

domenica 19 giugno 2011

WEB E POLITICA: SE RITORNA LA VOGLIA DI PARTECIPARE

» 
 «INSIEME PER IL PD
       SandroGozi
L’incontro
Nuovi strumenti per una nuova politica:
domani a Bologna 
Senza la base, scordatevi le altezze». E il messaggio alla politica e ai partiti che ci hanno dato in tantissimi cittadini che in questi mesi, dalle piazze di febbraio alle urne di maggio e giugno, sono finalmente ritornati ad essere protagonisti. E la parola d’ordine che anima le migliaia di simpatizzanti, militanti, iscritti che si sono trovati su facebook a condividere la loro passione per la politica, la loro voglia di partecipare, il loro impegno per il Pd attraverso ‘Insieme per il Una rete nata nel febbraio del 2009 come strumento di “partecipazione 2.0” al servizio del progetto democratico e che si materializza per la seconda volta a Bologna, al teatro Arena del Sole, domenica 19 giugno, dopo il primo incontro di Roma nel novembre 2010. Un’iniziativa nata in modo spontaneo, “dalla base” appunto, che ha agito come “motore di ricerca” di responsabili  locali e nazionali del Pd e del centrosinistra aperti ad un metodo laico di ragionamento, di dialogo e di partecipazione.
All’iniziativa di Bologna, con la partecipazione di molti responsabili del Pd emiliano-romagnolo e di esponenti nazionali ed europei, con gli interventi video di Romano Prodi e di Ignazio Marino, discuteremo di Europa, di diritti, di legalità: Il rinnovamento della politica, Oltre il Confine, Legalitalia  e Libertà di scelta saranno i temi al centro dcl dibattito.
Soprattutto, cercheremo insieme di capire come rispondere alla voglia di cambiamento, di “voltare pagina” dopo venti anni di berlusconismo.
Oggi la partecipazione ha ripreso  vitalità e il cambiamento va realizzato ora. E la lezione che ci hanno  dato i tanti milioni di cittadini, è l’esempio di partecipazione democratica che gli italiani, col referendum, hanno dato al resto d’Europa. Le elezioni amministrative, l’altissima partecipazione al referendum  sono  la risposta del popolo italiano al vento di cambiamento che viene dal Mediterraneo. Sì, questa volta è l’esempio dei popoli del Sud e del Nord del Mediterraneo che può risvegliare tutta l’Europa.
“Vota e poi battiti’. Perché votare non basta. Dobbiamo partecipare. Dobbiamo arrivare puntuali  ad un appuntamento che non possiamo mancare. Un partito politico non può pretendere di cambiare da solo la società. Un partito politico è parte di una dinamica di cambiamento molto più grande, che va alimentata, incoraggiata, organizzata, senza  più pretendere di comandarla, orientata in un nuovo progetto politico. All’individualismo dell’Italia berlusconiana  rispondiamo con una politica che permetta a ciascuno di autorealizzarsi e che pro muova una risposta collettiva. E facciamolo, Insieme, per il Pd, e soprattutto per l’Italia che vogliamo. Ci vediamo domenica a Bologna’*
l’Unità
SABATO
18GIUGNO
2011

mercoledì 15 giugno 2011

il popolo di Internet va sempre ascoltato e mai sottovalutato

nucleare referendum piazza spagna box
A questo punto mi viene il dubbio di averla sottovalutata, la rete: quella che non solo i soliti commentatori autorevoli e scettici, ma anche coloro che come me ci sguazzano dentro da un bel po’, hanno sempre considerato un strumento di nicchia, un luogo d’incontro per pochi, un ambiente riservato alle solite élite di radical chic che sono uno sputo e credono di essere il mondo. Invece: http://www.unita.it/italia/da-blogger-vi-dico-su-internet-vincono-le-idee-e-l-autenticita-1.304026

sabato 11 giugno 2011

SÌ, BATTIAMO I PRIVILEGI


VOCI  D'AUTORE Moni Ovadia 
SCRITTORE

Fonte l'Unità 11 Giugno 2011 


Il  raggiungimento del quorum e la conseguente vittoria del fronte referendario assumerebbe un significato politico decisivo per il futuro del nostro paese e non solo del nostro paese. In particolare il quesito che riguarda l'acqua contiene in se un orizzonte ben più ampio del suo merito specifico. Una vittoria dei sì per affermare che l'acqua è bene comune, potrebbe inaugurare una rimessa in discussione dell'ideologia privatistica ed economicista del mondo che considera l'intero creato, essere umano incluso, costituito da una serie di commodities negoziabili sui cosiddetti mercati, ma soprattutto territorio violabile e violentabile con ogni forma di speculazione selvaggia.
Gli idolatri del mercato, da che il thatcherismo e le reganomics hanno fatto il loro impetuoso esordio sulla scena mondiale, hanno fatto gabellato per oro colato, l'idea che la privatizzazione di ogni attività economica sia la panacea di tutti i mali. È falso. L'ultima crisi economica mondiale ha smascherato questa ignobile menzogna dei signori del privilegio.
Per quanto attiene al bene acqua basta informarsi sulle ragioni della ripubblicizzazione dell'acqua a Parigi, dopo anni di fallimentare gestione privata. La lungimirante decisione ha portato solo vantaggi: alla qualità del servizio, alla qualità intrinseca del bene, alle tasche dei cittadini e da ultimo alle casse della municipalità, 35 milioni di Euro, permettendo all'amministrazione di investire nel welfare ancora a vantaggio dei cittadini. L'economia pubblica del bene comune è una scelta al servizio della società. Ed è la società civile che deve dettare questa priorità al ceto politico. *

venerdì 10 giugno 2011

Il caso


Rifiutata la cittadinanza onoraria a Saviano *

10 giugno 2011 - 1 Commento »
LeG Pavia
Difficile da raccontare e da credere.
Il partito democratico di Pavia attraverso il gruppo consiliare chiede di assegnare la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano.
La maggioranza di destra Lega Nord-Pdl boccia la richiesta.
Per approvare la proposta era necessaria una maggioranza dei 2/3 del consiglio comunale che non è arrivata.
Proprio a Pavia un comune che è nell’occhio della bufera per l’indagine della direzione nazionale antimafia guidata dalla Bocassini.
* Segnalato dal segretario cittadino del Pd Antonio Ricci

martedì 7 giugno 2011

Qualcosa da dire







Concita De Gregorio fonte L'Unità 



Giorgio Napolitano è “un elettore che fa il suo dovere”, oltreché il presidente della Repubblica accolto in ogni piazza e in ogni teatro nella nuova Italia della rivoluzione gentile - da ovazioni di popolo. Dunque, dice, andrà a votare. Poiché ci andrà anche sua moglie Clio dobbiamo sottrarre questi due voti ai 25 milioni e 332 mila 487 che servono ad ottenere il quorum. In casa mia siamo in dieci, a votare: coi voti dei coniugi Napolitano fanno dodici. Ne mancano 25 milioni e 332 mila 475. Potremmo tutti insieme cominciare a contare quanti voti portiamo, e vediamo quanti ne mancano al quorum. Rinunciare a votare è un delitto, in democrazia. Io credo che gli italiani l’abbiamo capito benissimo. Sarà una sorpresa per molti svegliarsi il 13 mattina e vedere quanta gente c’è che ha detto: eccomi.
continua a leggere:    Invece di Concita de Gregorio

mercoledì 1 giugno 2011

La nota del mattino 1 giugno 2011


1. OGGI LA CORTE DI CASSAZIONE HA DECISO CHE IL REFERENDUM SUL NUCLEARE SI DEVE TENERE. ACCOLTA ISTANZA DEL PD.

Accogliendo un’istanza del Pd la Corte di Cassazione oggi ha deciso che si terrà il referendum sul piano nucleare del governo che il governo avrebbe voluto evitare con le norme truffa approvate dalla maggioranza in Parlamento e che prevedono una semplice moratoria.
Il Pd è impegnato nella campagna per raggiungere il quorum e per il voto a favore del “sì” in tutti e quattro i quesiti referendari.

2. IL GOVERNATORE MARIO DRAGHI DICE CHE TREMONTI E BERLUSCONI HANNO SBAGLIATO TUTTO, DISFACENDO COSE BUONE E FACENDOCI PERDERE DIECI ANNI. LE PROPOSTE DI DRAGHI PER L’ITALIA PER LARGA PARTE VANNO NELLA STESSA DIREZIONE INDICATA DAL PD NEL SUO PROGRAMMA DI GOVERNO.

Nella sua ultima relazione da governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi (destinato a diventare presidente della Banca centrale europea) ha indicato uno per uno i disastri e gli errori compiuti dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e dal governo Berlusconi, indicando per l’Italia una serie di proposte che vanno spesso nella stessa identica direzione di quelle messe a punto nel suo programma di governo dal Partito Democratico (più vicina alle idee prevalenti in Germania è stata invece la posizione su ruolo e proposte per l’Ue).
Draghi ha voluto ricordare, tra le prime righe del suo intervento, Tommaso Padoa Schioppa. Un ricordo che ha avuto anche il significato di amplificare la bocciatura del metodo dei tagli lineari di spesa da parte di Tremonti: Tps avviò un lavoro di analisi della spesa pubblica voce per voce (spending review), in modo da poter intervenire a ragion veduta. Oggi sarebbe stato davvero utile aver svolto quel lavoro. Tremonti invece chiuse immediatamente quel lavoro ed ha proceduto con l’accetta.
Oggi però, ha detto Draghi, l’Italia farebbe meglio ad anticipare subito la manovra correttiva dei conti pubblici prevista per il biennio 2013-2014 (almeno 40 miliardi di euro, con una riduzione di almeno il 5 per cento in termini reali di spesa pubblica ).
Draghi è stato nettissimo: “Per ridurre la spesa in modo permanente e credibile non è consigliabile procedere a tagli uniformi in tutte le voci: essi impedirebbero di allocare le risorse dove sono più necessarie; sarebbero difficilmente sostenibili nel medio periodo; penalizzerebbero le amministrazioni più virtuose. Una manovra cosiffatta inciderebbe sulla già debole ripresa dell’economia, fino a sottrarle circa due punti di PIL in tre anni”. Insomma, bisogna procedere come aveva detto Tps, non come ha fatto e potrebbe ancora fare Tremonti.
Draghi ha inoltre sottolineato come occorra sostenere la crescita per ottenere equità e risanamento, solidarietà e conti in ordine, indicando una serie di proposte:
- la riduzione delle aliquote fiscali sui lavoratori e sulle imprese, recuperando risorse con una vera lotta all’evasione fiscale;
Draghi ha inoltre sottolineato come occorra sostenere la crescita per ottenere equità e risanamento, solidarietà e conti in ordine, indicando una serie di proposte:
- la riduzione delle aliquote fiscali sui lavoratori e sulle imprese, recuperando risorse con una vera lotta all’evasione fiscale;
- rendere finalmente efficiente la giustizia civile;
- riformare in modo efficiente l’istruzione e l’università;
- aumentare il grado di concorrenza del paese: “La sfida della crescita non può essere affrontata solo dalle imprese e dai lavoratori direttamente esposti alla competizione internazionale, mentre rendite e vantaggi monopolistici in altri settori deprimono l’occupazione e minano la competitività complessiva del Paese”.
- un programma credibile per le infrastrutture ;
- riequilibrando la flessibilità nel mercato del lavoro, ora tutta scaricata sulle spalle dei giovani;
- ammodernare le relazioni sindacali, a cominciare dalla fissazione di regole certe per la rappresentanza sindacale;
- creando le condizioni per una maggiore occupazione femminile;
- offrendo a chi perde lavoro e ne cerca attivamente un altro un sostegno sufficiente;
- ridurre le imposte sulla parte dei profitti delle imprese che può essere ascrivibile all’uso del capitale proprio dell’imprenditore. Indicazione questa che fa giustizia di un altro errore clamoroso compiuto da Tremonti: fu proprio lui ad abolire nel 2001 questa norma introdotta da Vincenzo Visco durante il governo di centrosinistra.

3. SE BERLUSCONI AVESSE A CUORE IL BENE DEL PAESE SI DIMETTEREBBE. IL PD PERNO DI OGNI ALTERNATIVA. LE ELEZIONI LA STRADA MAESTRA, A MENO CHE NON SI RIESCA A FARE PRIMA LA RIFORMA ELETTORALE.

La posizione del Pd è chiara: la maggioranza di governo era cambiata prima, con l’ingresso del gruppo dei responsabili; ora il governo non ha più la maggioranza nel paese. Non solo: il governo ha dimostrato di non essere in grado di governare i problemi reali, di affrontare i problemi del lavoro, dei giovani, delle donne, della scuola, dei redditi delle famiglie, delle pensioni…Insomma, sarebbe bene che Berlusconi si dimettesse.
In questi casi la via maestra è quella delle elezioni. Se però vi fosse la possibilità di fare prima una riforma per cambiare la legge elettorale attuale, allora il Pd sarebbe disponibile a parlarne con tutti coloro che sono disponibili a questo passaggio.
Nel caso in cui il presidente del Consiglio volesse invece giocare la carta della sopravvivenza a qualunque costo al potere, il Pd è pronto alla sfida. Come ha detto più volte il segretario Pier Luigi Bersani: “Noi siamo il pilastro di ogni ipotesi alternativa, avremo tenuta e dureremo più di lui”. Intervista a Dario Franceschini su La Repubblica.

4. QUESTA SERA VERTICE PDL. BERLUSCONI NON MOLLA E TERRA’ DURO. VORREBBE RIPARTIRE A TUTTA VELOCITA’ PER IMPEDIRE L’IMPLOSIONE. ANCHE A COSTO DI SFASCIARE I CONTI PUBBLICI.

Questa sera lo stato maggiore del Popolo delle libertà farà l’analisi dei risultati elettorali e prenderà le eventuali contromisure. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, vorrebbe ripartire a tutta velocità per impedire l’implosione del centrodestra.
Non ha alcuna intenzione di mollare: tenterà di sopravvivere anche se non è in grado di affrontare i problemi del paese. L’unico obiettivo che vuole cogliere è restare al potere il tempo necessario per evitare ripercussioni personali e sugli affari di famiglia (ieri ha riuniti i figli del primo e del secondo matrimonio per affrontare la scadenza della sentenza sul lodo taroccato con il quale sfilò la Mondadori a Carlo De Benedetti: in primo grado il giudice decise un risarcimento da 750 milioni di euro; ora il minimo che ci aspetta per l’appello è che la Fininvest debba dare a De Benedetti 500 milioni di risarcimento).
Per questa ragione ieri ha scaricato tutte le responsabilità dei fallimenti del governo su Giulio Tremonti, affermando che la riforma fiscale del centrodestra dipenderà dal fatto che Tremonti allenti i cordoni della borsa. Come e dove trovare le risorse per fare una riforma ancora non si capisce bene. Quali contorni debba avere ancora non è chiaro. Ma Berlusconi vuole almeno che venga presentato al prossimo Consiglio dei ministri un disegno di legge delega (che va discusso in Parlamento e che rinvia i veri interventi ai decreti delegati, ma che consente di dire: ecco, la riforma è qua). Un’altra operazione di facciata, insomma. Ma se fosse necessario, il presidente del Consiglio è pronto anche a sfasciare i conti pubblici pur di restare qualche mese di più a Palazzo Chigi: teme che senza l’aiuto del potere, a parte i processi, anche gli affari di famiglia finirebbero per andare male ( a cominciare dalla raccolta pubblicitaria per Mediaset, Mondadori e giornali vari della famiglia, ai quali tutti gli imprenditori contribuiscono con larghezza).
Quanto al partito, bisognerà vedere se al posto dei tre attuali coordinatori Berlusconi indicherà come coordinatore unico Angelino Alfano, passaggio che gli consentirebbe di portare Lupi al governo come responsabile della Giustizia. Ma la situazione non è così semplice. La prospettiva di un tramonto di Berlusconi ha messo in moto tutti coloro che vogliono avvantaggiarsi in vista di una futura battaglia interna sul dopo.
Nel frattempo, è ripreso il calciomercato in vista del voto sul governo chiesto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dopo la nomina dei sottosegretari del gruppo dei cosiddetti responsabili. Berlusconi sa bene che deve completare le nomine, altrimenti molti dei responsabili torneranno indietro. E punta a conquistare sul mercato anche altri deputati e senatori in vista del voto già fissato per la settimana che va dal 20 al 24 giugno.