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mercoledì 24 agosto 2011


www.partitodemocratico.it
http://beta.partitodemocratico.it/215012/stipendio-parlamentari-gozi-deputati-a-tempo-pieno-e-con-un-solo-stipendio.htm


Ufficio stampa | Comunicato stampa
22 agosto 2011

Stipendio parlamentari, Gozi: “Deputati a tempo pieno e con un solo stipendio”




Sì all'appello dell'Unità “Onorevoli, un solo stipendio” , presentata la "proposta Follini" anche alla Camera.

“L'antipolitica si vince con la buona politica. E la buona politica va fatta con serietà, impegno, a tempo pieno – afferma l’on. Gozi aderendo all’appello dell’Unità apparso oggi “Onorevoli, un solo stipendio” – Il PD dovrebbe fare sua la proposta del senatore Follini che vieta altre attività professionali una volta eletti".

A luglio il parlamentare ha presentato alla Camera la "proposta Follini" per vietare il cumulo tra indennità e altri redditi.

“Il mandato di deputato – sostiene Gozi - è la massima espressione di servizio pubblico. L’indennità è necessaria per garantire indipendenza e libertà ma oltre ad essa non si deve percepire nessun’altra retribuzione o stipendio. I liberi professionisti che una volta eletti vogliono eventualmente proseguire la loro attività devono dichiararlo e sospendere l’indennità da deputato”.

venerdì 19 agosto 2011

Paghi chi non paga mai



La manovra del governo PdL-Lega Nord è sbagliata, depressiva, poco credibile e ingiusta. Scarica il costo del rientro dal deficit pubblico sui ceti popolari e sugli onesti che pagano le tasse. E’ inoltre un intervento destinato a deprimere l’economia invece di rilanciarla e non prevede nulla di significativo per la crescita. Da oggi a Festa Reggio, presso la tenda Tricolore, è aperta la raccolta firme per sostenere la contromanovra in 7 punti presentata dal Partito Democratico per offrire al Paese un’alternativa credibile, più efficiente, più giusta – deve pagare chi non ha pagato mai! - in modo che l’Italia possa voltare pagina e riprendere il suo cammino di crescita.
Sulla base di questi primi ed altri elementi di proposta dal 20 agosto in poi, una volta esaminato il testo presentato dal Consiglio dei ministri, il PD si rivolgerà alle forze sociali e alle opposizioni per aprire un confronto volto a perfezionare una più compiuta proposta alternativa agli interventi del governo, a presentare gli emendamenti in Parlamento ed a sollecitare il sostegno dell’opinione pubblica per il cambiamento della manovra.
Contro una manovra depressiva e ingiusta, le 7 proposte del PD
Le decisioni prese dal Consiglio dei ministri sono inadeguate e poco credibili rispetto alla sfida che il Paese ha di fronte anche sul piano internazionale e fortemente inique sul piano sociale e fiscale. Gli esempi più eclatanti riguardano in particolare l’anticipo della delega sull’assistenza, che facilmente si tradurrà in un drastico taglio degli sgravi fiscali, scaricando sulle famiglie una parte rilevante dell’intera operazione di riduzione del disavanzo pubblico, colpendo in modo particolare i nuclei meno abbienti. La mancata precisazione degli interventi dà inoltre all’anticipazione di questa delega un carattere generico e di incertezza che non corrisponde all’esigenza di credibilità della manovra. L’intervento sugli enti locali è ancora insufficiente sul piano del riordino istituzionale, ma fortemente incisivo sul livello dei servizi, livello che invece va mantenuto e in alcuni casi irrobustito. Il contributo di solidarietà incide sui ceti popolari e sui ceti medi che pagano le tasse. In sostanza paga chi già paga. L’intervento sul Tfr dei dipendenti pubblici non porta efficienza, ma rappresenta un peso sui ceti medi e bassi. Gli interventi sulle relazioni industriali e sui rapporti di lavoro rappresentano una notevole intromissione nei rapporti e nell’autonomia delle parti sociali. Molte di queste misure dovranno essere abolite o fortemente alleggerite.
In sostanza, la manovra del governo scarica il costo del rientro dal deficit pubblico sui ceti popolari e sugli onesti che pagano le tasse. E’ inoltre un intervento destinato a deprimere l’economia invece di rilanciarla e non prevede nulla di significativo per la crescita.
Il Partito Democratico ritiene dunque che debbano essere adottare soluzioni più efficienti e più eque, che facciano pagare non chi paga già, ma chi non paga mai, che portino allo stesso risultato sul piano dei saldi di bilancio, ma che siano anche in grado di fornire un sostegno selettivo alla crescita.
Il PD non si sottrae dunque alla sfida che il paese ha di fronte e mette a disposizione il proprio contro piano, un progetto responsabile e alternativo per il bene del Paese. Per l’abolizione o il forte alleggerimento delle inique misure del governo noi dunque proponiamo:

1. Per affrontare l’emergenza si prevede un prelievo straordinario una tantum sull’ammontare dei capitali esportati illegalmente e scudati, in modo da perequare il prelievo su questi cespiti alla armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie al 20 per cento e di adeguare l’intervento italiano alle medie delle analoghe misure prese nei principali Paesi industrializzati. Gran parte di questi 15 miliardi dovrà essere utilizzata per i pagamenti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese e per alleggerire il patto di stabilità interno così da consentire immediati investimenti da parte dei comuni.
2. Un pacchetto di misure efficaci e non solo di facciata contro l’evasione fiscale, tali da produrre effetti immediati, consistenti e concreti. Si propongono dunque alcuni interventi, tra i quali figurano le misure anti-evasione che in parte riprendono quelle dolosamente abolite dal governo Berlusconi:
a) tracciabilità dei pagamenti superiori a 1.000 euro (pensare a somme più elevate significa lasciare di fatto tutto come è oggi) ai fini del riciclaggio e soglie più basse, a partire dai 300 euro, per l’obbligo del pagamento elettronico per prestazioni e servizi;
b) obbligo di tenere l’elenco clienti-fornitori, il vero strumento di trasparenza efficiente;
c) descrizione del patrimonio nella dichiarazione del reddito annuo con previsione di severe sanzioni in caso di inadempimento.
3. Introduzione di una imposta ordinaria sui valori immobiliari di mercato, fortemente progressiva, con larghe esenzioni e che inglobi l’attuale imposta comunale unica sugli immobili, in modo di ricollocare l’Italia nella media e nella tradizione di tutti i maggiori paesi avanzati del mondo.
4. Un piano quinquennale di dismissioni di immobili pubblici in partenariato con gli enti locali (obiettivo minimo 25 miliardi di euro).
5. Liberalizzazioni. Il PD propone di realizzare immediatamente almeno una parte delle proposte di liberalizzazione che il partito ha già preparato e presentato: ordini professionali, farmaci, filiera petrolifera, RC auto, portabilità dei conti correnti, dei mutui e dei servizi bancari, separazione Snam rete gas, servizi pubblici locali. Il PD è contro la privatizzazione forzata, ma non contro le gare e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Tutto questo si può fare immediatamente senza bisogno di riforme costituzionali.
6. Politiche industriali per la crescita. Il PD propone di adottare subito misure concrete per alleggerire gli oneri sociali e un pacchetto di progetti per l’efficienza energetica, la tecnologia italiana e la ricerca, con particolare riferimento alle risorse potenziali e sollecitabili del Mezzogiorno. Sarebbe un errore imperdonabile intervenire sul controllo dei conti pubblici senza mettere in campo, sia pure limitatamente alle risorse disponibili, un pacchetto di stimoli alla crescita e per l’occupazione. In questo contesto rientra anche l’implementazione dei più recenti accordi tra le parti sociali senza intromissioni che ledano la loro autonomia.
7. Pubblica amministrazione, istituzioni e costi della politica. In Italia la riduzione della spesa deve riguardare non tanto la spesa sociale, ma l’area della Pubblica Amministrazione, le istituzioni politiche e i settori collegati. A Cominciare dal Parlamento: il primo passo è il dimezzamento del numero dei parlamentari. Il PD ha presentato da tre anni proposte specifiche su questo punto. Su sollecitazione dei gruppi parlamentari del PD la discussione su questi progetti è stata calendarizzata in Parlamento per settembre. Si agisca immediatamente. Da lì in giù, bisogna intervenire su Regioni, Province, Comuni con lo snellimento degli organi, l’accorpamento dei piccoli comuni, il dimezzamento o più delle province secondo l’emendamento presentato dal PD e dall’UdC alla manovra di luglio o, in alternativa, riconducendole ad organi di secondo livello, accorpamento degli uffici periferici dello Stato, dimezzamento delle società pubbliche, centralizzazione e controllo stretto per l’acquisto di beni e servizi nella pubblica amministrazione. In più: la ripresa di un vero lavoro di spending review, interrotto dal governo Berlusconi, dal punto di vista di una politica industriale per la pubblica amministrazione. Il PD ha proposte specifiche su ciascuno di questi punti. In particolare sui costi della politica il riferimento è il programma contenuto nell’ordine del giorno presentato due settimane or sono in Parlamento.

Comunicato stampa del 19/08/2011



Francesca Fornario, la satira al femminile
Appassionato il dibattito che si è tenuto lo scorso 18 agosto a Festareggio nell'area del Loft con l'attrice satirica e giornalista de L'Unità Francesca Fornario, moderato da Valeria Montanari (Gruppo PD comune di Reggio Emilia) e presieduto da Elisa Bellesia (Conferenza provinciale donne democratiche): il tema - Donne, riprendiamoci l'amore e la sessualità - non era dei più semplici, ma è stato ben orchestrato grazie all'ironica leggerezza della Fornario che ha saputo riflettere attraverso i paradossi della satira sulla condizione femminile di ieri e di oggi, scegliendo di non "inscatolarla" nè negli stereotipi propinati dalla pubblica opinione e nemmeno in quelli del femminismo d'antan.
Dal dibattito, seguito da un pubblico attento e - novità - non solo femminile, è emerso un pensiero di profonda incertezza circa i destini dei diritti nel nostro paese, "pane conteso" da una politica che sceglie spesso per convenienza di non decidere e affogare nel massimalismo le speranze e la dignità di molti cittadini e cittadine.
E le donne a loro volta non se la passano meglio, come dimostrano gli stereotipi, i linguaggi, le convenzioni sociali ed economiche, profondamente sbilanciati tra i due generi. "Anche le parolacce sono maschili - dice la Fornario - così come se un uomo cambia spesso idea è un creativo: una donna invece viene considerata volubile e tutti le chiedono se .. ha le mestruazioni!". E il gusto del paradosso, masticato con qualche risata amara, è l'arma che svela una condizione non ancora identitaria, per lo più subordinata al genere maschile. Si è poi parlato dell'azzeramento analitico dei tabù sessuali, un percorso che il femminismo aveva in un primo tempo inaugurato con una felice stagione e che si interrompe li, quando la donna diventa ostaggio televisivo, "tette e culo", e non tanto per una ragione morale, quanto perché la mercificazione del corpo - sempre a senso unico - mina certezze e autoanalisi. "Il nuovo femminismo va fatto coi maschi - ha concluso la Fornario - gli uomini devono capire che non vogliamo essere uguali a loro, ma avere pari opportunità: fintanto che non vedremo la TV piena di valletti in mutande, di velini, paradossalmente avremmo perso la battaglia dell'immagine e anche tutte le altre. Io non penso che tutti gli uomini abbiano una visione stereotipata delle donne e della sessualità: il nostro compito è spiegare, e accompagnarli in un percorso di svelamento indentitario il più possibile condiviso".

giovedì 11 agosto 2011

CORAGGIO, FATE PAGARE LE RENDITE E I RICCHI PATRIMONI


  L'Analisi      Rinaldo Gianola
Fonte Unità 

GIOVEDÌ 11 AGOSTO 2011


A Berlusconi e a Tremonti non piace la parola “patrimoniale”perché troppo di sinistra? Oppure l’imposta sui grandi patrimoni non è condivisibile dalla maggioranza di governo perché è stata proposta nell’ultimo anno, con formulazioni diverse, da noti rivoluzionari come Pellegrino Capaldo, Giuliano Amato, Luigi Abete, Carlo De Benedetti? E se impiegassimo l’elegante definizione inventata da Francois Mitterand all’inizio degli anni Ottanta, quando introdusse in Francia l’«Imposta di solidarietà sul patrimonio», forse sarebbe più presentabile? Facciamo un accordo: non usiamo più il termine patrimoniale, che non piace al premier e ai milionari, che spaventa i ricconi con lo yacht e la Ferrari e alimenta diatribe quasi sempre inutili. Scegliete un nome meno minaccioso, ci pensi Tremonti sempre creativo quando bisogna inventarsi un neologismo (il suo “mercatismo” ha avuto un discreto successo sui giornali...), ma per favore chiedete un contributo significativo a chi sta meglio se oggi, come tutti concordano, bisogna salvare l’Italia. Possibile che in questo Paese malmesso, dove crescono le ingiustizie e le diseguaglianze, dove chi sta sopra guadagna sempre di più e chi sta sotto è sempre più in difficoltà, sia così arduo far passare un elementare criterio di giustizia sociale che non è una declinazione elegante dell’esproprio proletario, ma un principio di democrazia? Chi ha di più deve dare di più, soprattutto in momenti come questi. E invece, anche ieri, le varie anime (ammesso che ce l’abbiano) della destra di governo si sono trovate unite solo nella bocciatura preventiva dell’ipotesi di tassare i grandi patrimoni. Vedremo se nei prossimi giorni maturerà qualche cosa di diverso anche all’interno della maggioranza. La patrimoniale è un’imposta usata da molti governi di destra e di sinistra, è stata impiegata in Gran Bretagna e Nicolas Sarkozy ne ha delineato una formulazione “alla francese”. C’è chi la pensa come intervento una tantum, chi la vuole pesante, chi vuole escludere i beni strumentali funzionali alla produzione. E c’è anche chi pensa che la patrimoniale possa addirittura essere la base per una profonda riforma fiscale che sposti il prelievo dal lavoro e dalla produzione ai beni e patrimoni. In questo Paese in piena crisi economica da oltre tre anni, con un debito pubblico enorme, con oltre mezzo milione di posti di lavoro scomparsi, con un giovane su tre senza occupazione, dove almeno 50 miliardi di euro di reddito sfuggono al fisco, un intervento di giustizia sociale non dovrebbe suscitare scandalo. 


L’Italia sta diventando sempre più diseguale e la crisi ha accentuato le differenze, soprattutto è continuato quel fenomeno che dura da oltre vent’anni che sposta quote crescenti del Pil nazionale dal lavoro dipendente alla rendita. Nel 1974 ai lavoratori andava il 74% della ricchezza prodotta, la percentuale era scesa al 53% a metà degli anni Novanta e nell’ultimo decennio è ulteriormente diminuita attorno al 45%. Non basta. L’impoverimento delle famiglie italiane è costante, a causa del potere d’acquisto dei salari. I salari medi dei lavoratori italiani sono solo al 23° posto tra i paesi dell’Ocse. È i bassi salari non favoriscono nemmeno la creazione di “veri” posti di lavoro. Nel 2010 circa l’80% dei nuovi assunti ha avuto contratti a tempo determinato o precari. Che cosa volete di più, volete colpire ancora le famiglie, i lavoratori, i precari, i pensionati? La grande manovra del geniale Tremonti è togliere gli assegni familiari e cancellare le agevolazioni? È di questo che stiamo parlando per risanare i conti e rilanciare il Paese. Si vuole, di fatto, alzare la pressione fiscale sul lavoro dipendente mentre le rendite se la cavano sempre. Chi in questi giorni specula e guadagna in Borsa pagherà solo il 12,5% sulle sue plusvalenze, la stessa aliquota che “colpisce” le vergognose stock options di potenti manager. La patrimoniale, o come volete chiamarla una tassa più alta sulle rendite avrebbero un grande valore. Aiuterebbe il mondo del lavoro e i ceti più esposti alla crisi a condividere i sacrifici per sostenere il Paese, verrebbe introdotto un principio di giustizia. Il 10% circa delle famiglie possiede quasi la metà dell’intera ricchezza nazionale. Un contributo di solidarietà di poche migliaia di euro da parte di questi soggetti per due o tre anni porterebbe il Paese fuori dall’emergenza. È una richiesta eccessiva?

L’ingiustizia

Chi sta speculando in Borsa paga solo il 12,5% sui guadagni
L’ANALISI


  

domenica 7 agosto 2011

TOLGONO AI POVERI - SALVANO CASTA ED EVASORI

Pensioni d’invalidità, assegni di maternità, sostegni alle famiglie:il pareggio di bilancio per il 2013 annunciato dal governo mette a rischio lo stato sociale . Ma non si toccano i soliti noti
di Antonio Padellaro  fonte il Fatto Quotidiano



Venerdì sera, davanti ai giornalisti convocati in tutta fretta su insistente pressing della Merkel, di Sarkozy degli spazientiti banchieri di Francoforte, Berlusconi e Tremonti sembravano grandi amici, d’accordissimo soprattutto sul modo miglior e di fregare gli italiani. Un gatto e una volpe piuttosto ammaccati dalla guerra che si sono fatti per mesi che con voce flautata non facevano che ripetere la frase: “Pareggio di bilancio nel 20 13. Ecco la formula magica che avrebbe finalmente convinto i famosi mercati a non gettare l’Italia sul lastrico. Ecco il mantra che avrebbe accompagnato gli italiani in gita di Ferragosto. Naturalmente, il pareggio di bilancio nel 2013 sarebbe un eccellente obiettivo per un Paese indebitato fino al collo, se dietro al fumo delle parole vane non si nascondesse una norma capestro. Infatti, in caso di mancato raggiungimento entro il settembre 2013 di risparmi di almeno 20 miliardi (ma qualcuno prevede oltre 30) nell'ambito della riforma fiscale, “si prevede un taglio drastico, lineare di molte agevolazioni fiscali che oggi vanno a vantaggio soprattutto delle famiglie più povere” (Tito Boeri). Del resto, basta scorrere la lista del saccheggio lineare per comprendere come un governo indecente stia per superare la soglia dell’infamia. Si va, infatti, dalle pensioni di Invalidità, agli assegni di maternità, dai sostegni al nucleo familiare, agli interventi sul mantenimento del salario. Macelleria sociale che punta a smontare il welfare superstite colpendo perfino i disabili. Neanche una parola sugli evasori fiscali: 240 miliardi di euro l’anno sottratti all'erario. Silenzio assoluto, ovviamente, sui tagli ai costi della politica. Se non altro ci vengono risparmiare le solite balle sull'abolizione delle Provincie, l’accorpamento dei Comuni, la diminuzione del numero dei parlamentari, ecc, Quindi, non solo la Casta non molla un euro ma toglie ai poveri per mantenere prebende e privilegi. 

Fino a quando questi signori pensano di sfidare la sopportazione dei Paese? E perché mai il mondo nella bufera dovrebbe dare retta a un vecchio viveur dai capelli tinti e ormai universalmente dato per bollito? Perché i famosi mercati dovrebbero fidarsi di un ministro dell’Economia che si faceva ospitare (in nero) da un collaboratore di non specchiate virtù? Il nostro vero debito sono loro. E sono loro che andrebbero drasticamente tagliati.