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sabato 29 gennaio 2011

E SE ANCHE I MASCHI VOLESSERO RIBELLARSI?

Fonte Unità

RISPOSTA ALL'APPELLO DI  ANNA PAOLA CONCIA


Sandro Gozi

RESPONSABILE PD POLITICHE EUROPEE 

Anna Paola Concia invita le donne alla ribellione. 
Giusto, ma perché invita solo le donne? 
Tutti dovremmo ribellarci di fronte al degrado del ruolo e dell'immagine della donna nell'Italietta berlusconizzata. Anna Paola guarda oltreoceano, da Charlie Brown a Hillary Clinton. Giusto anche questo, ma perché andare così lontano? Lasciamo per un attimo i commenti «che vanno a Ruby» oggi in Italia e guardiamo all'Europa. Le donne si impegnano per la politica soprattutto nei Paesi che valorizzano il merito e promuovono i diritti. Non è un caso che la Finlandia non solo sia prima in Europa per le donne e i giovani in politica, ma anche nella scuola. Ma la Finlandia, potremmo obiettare, è così lontana dall'Italia! Benissimo, allora scendiamo più a sud, in Spagna. E cosa troviamo? Troviamo 9 donne al governo, con Elena Salgado in prima linea nel gestire la crisi finanziaria.
Saliamo poi al centro dell'Europa geografica e a destra di quella politica: in Germania. Dove una certa Angela Merkel è Cancelliere__
E in Italia invece? Troviamo un paese arretrato e squilibrato, dove le donne in politica sono poche e quelle che ci sono entrate per merito ancora di meno. E non perché valgano meno delle altre o gli uomini siano particolarmente cattivi. Ma perché tutto il sistema sociale italiano da incentivi affinchè tutto rimanga così: dagli asili nido, che non ci sono, alle nomine nei consìgli di amministrazione, che non arrivano. Un Paese di mogli, di mamme, di nonne e di amanti, in cui le pari opportunità non esistono: esistono solo protezione per le loro debolezze o parziali compensazioni per le discriminazioni subite durante tutta una vita.
I troppi scandali del Berlusconi politico (e le imbarazzanti dichiarazioni a sua difesa di troppe parlamentari Pdl) sono devastanti e offensive per tutte le donne (e per gli uomini...), peggiorando un quadro già molto compromesso.
Ma anche il Pd - il partito che si è impegnato più e meglio di tutti (gli altri partiti italiani non si pongono neppure il problema) - ancora balbetta tra logica delle quote, retorica delle pari opportunità e pratiche correntizie.
Si decidono liste, incarichi e convegni e poi ci si arrampica sugli specchi e si grida «mi manca la donna!». È la sindrome di Amarcord, ricorda quella scena in cui Ciccio Ingrassia gridava dall'albero in dialetto romagnolo «a voi na dona!» (trad. : voglio una donna!).
Cancelliamo Arcore e superiamo Amarcord, voltiamo pagina, anzi, strappiamola proprio la pagina di questo quindicennio perduto: scriviamone insieme, donne e uomini, una più giusta e moderna.*



venerdì 28 gennaio 2011

ISTITUZIONI NEL RIDICOLO












Dunque riassumendo. La tesi difensiva di Silvio B., quella esposta ieri in giunta per le  autorizzazioni  a  procedere, è  che  quando ha  telefonato di notte alla questura di Milano  per far  rilasciare  Karima in arte Ruby,  minorenne,  lo  ha fatto per motivi istituzionali: sicuro che fosse la nipote di Mubarak voleva difatti scongiurare una crisi diplomatica internazionale, forse una guerra.
Ecco che avendo agito in veste pubblica e con uno scopo di natura politica non ha affatto abusato del suo ruolo: di conseguenza nel caso dovrà occuparsi il Tribunale dei ministri
Gabbato dalla minorenne marocchina, che gli ha detto di essere maggiorenne ed egiziana, il premier è caduto nella trappola. Quindi non più un benefattore, come nella prima versione dei fatti. Un ingenuo, piuttosto. Non il generoso nonno che aiuta una ragazza in difficoltà, perseguitata dal padre per la sua decisione di abbandonare l’Islam.
Una vittima, piuttosto, un uomo di Stato turlupinato da una furba adolescente. 
Peccato che abbia usato così poco riguardo nei confronti del collega egiziano, invitando svariate volte alle feste di topless e tempestando di telefonate la tanto illustre nipote, costretta al bunga bunga. Istituzionale, sia chiaro. Mubarak, se non fosse in ben più gravi faccende affaccendato, potrebbe offendersene molto: anzichè avvisarlo della presenza di sua nipote in villa l’ha tenuta per giorni nel suo harem privato. All’ambasciata egiziana sono sbigottiti e parlano di “sciacallaggio”: il loro Paese è a ferro e fuoco, tirarlo in ballo per vicende simili in un momento come questo - dicono - va oltre l’immaginazione.
Nel frattempo un’altra minorenne si affaccia alla scena e ai verbali che la narrano: è Iris Berardi, brasiliana. Certamente la nipote di Lula.
Con la mano sinistra lo Statista, intanto, usa il suo personale ministro degli Esteri - già maestro di sci dei suoi figli - per applicare alla diplomazia internazionale il metodo Boffo. Ad inchiesta archiviata, dunque senza che nessuno se non il boss glielo abbia chiesto, Frattini si è fatto spedire da Santa Lucia le carte relative al caso Tulliani-Fini, quelle già “visionate” dal signor Lavitola, direttore dell’Avanti!. Del governo di Santa Lucia, paradiso fiscale dove il premier ha costruito un lussuosissimo villaggio donando magioni ai potenti locali, i lettori dell’Unità sanno: attraverso un istituto governativo il premier, a suo tempo, ha condonato il debito di quel paese.
Di nuovo: certamente una missione istituzionale. L’uso delle istituzioni è ridotto a questo, vedete: procacciare dossier, fare da scudo al giro di minorenni, favorire la costruzione di ville. Il Giornale di famiglia, per distrarci, racconta intanto che vent’anni fa Ilda Boccassini avrebbe avuto una relazione niente meno che con un cronista dell’Unità. Si vede che non hanno trovato niente di meglio.
Leggete oggi il pezzo di Mila Spicola, professoressa siciliana, su quel che dicono le ragazze a scuola. Sono sessantamila le “altre donne” che hanno già firmato il nostro appello: domani alle 15 una prima manifestazione in piazza della Scala a Milano. Il 13, poi, tutte insieme in tutta Italia. A dire che per noi basta così

27 gennaio 2011


martedì 25 gennaio 2011

Dove siete donne? Ora basta Già 50mila firme: sabato in piazza

www.unita.it/italia/dove-siete-donne-ora-basta-br-gia-50mila-firme-sabato-in-piazza-1.267869

LA TUA FRASE
PER DIRE "ORA BASTA"
COMMENTA E FIRMA ANCHE TU

ODG DELLA CONFERENZA PERMANENTE DELLE DONNE DEL PD DI REGGIO EMILIA PRESENTATO IN DIREZIONE PROVINCIALE IL 21 GENNAIO 2011

LO SCORSO 21 GENNAIO LA CONFERENZA PERMANENTE DELLE DONNE DEMOCRATICHE HA PRESENTATO IN DIREZIONE PROVINCIALE UN PROPRIO ODG IN MERITO ALL'ARGOMENTO "BERLUSCONI, IL BERLUSCONISMO E LE DONNE". L'ODG E' STATO VOTATO ALL'UNANIMITA' E ASSUNTO DALLA DIREZIONE PROVINCIALE COME POSIZIONE UFFICIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO REGGIANO IN MATERIA. 
 
 
 
"Il PD reggiano depreca il comportamento esecrabile e disonorevole del Presidente del Consiglio sottoposto a indagine per prostituzione minorile e concussione.

Il PD reggiano considera tale comportamento anticostituzionale perché viola l’art. 54 della Costituzione della Repubblica che impone ai cittadini ai quali sono affidate funzioni pubbliche di adempierle con disciplina e onore.

Gli uomini e le donne del Pd reggiano respingono l'habitus berlusconiano che veicola l’immagine del maschile caratterizzata dall’essere utilizzatore o abusante del femminile e l’immagine del femminile quale  oggetto sessuale, suppellettile, orpello da esibire, merce di scambio, oggetto ludico.

Il PD reggiano giudica estremamente pericoloso il suddetto habitus berlusconiano in particolare per la formazione dell’identità sessuale delle giovani generazioni e la costruzione della loro gerarchia valoriale. Tale habitus rappresenta un virus che si insinua nel sentire comune sino ad anestetizzare le coscienze e indurre a un cinismo da rassegnazione ancor più pericoloso del male che vi ha dato origine.

Il PD reggiano, considerato che il Presidente del Consiglio è membro del Parlamento e ogni membro del Parlamento rappresenta, per disposizione dell’art. 67 della Costituzione, la Nazione,  sostiene la necessità delle dimissioni del Presidente del Consiglio, a prescindere dall’accertamento della rilevanza penale dei fatti oggetto di indagine giudiziaria  poiché le sue vicende c.d. personali  concorrono a deturpare il decoro e l’autorevolezza internazionale della Nazione, oltre a esporre il Presidente del Consiglio a ricatti e condizionamenti, elementi incompatibili con la funzione svolta e le responsabilità a essa associate."


PER FIRMARE LA RICHIESTA DI DIMISSIONI DI BERLUSCONI CLICCA QUI

venerdì 21 gennaio 2011

PRESIDENTE, LIBERI L'ITALIA DA QUESTO IMBARAZZO

DI SEGUITO IL LINK PER LEGGERE IL COMUNICATO DELLE DONNE DELLA SEGRETERIA NAZIONALE DEL PD E PER FIRMARE L'APPELLO "PRESIDENTE LIBERI L'ITALIA DA QUESTO IMBARAZZO".

PRESIDENTE, LIBERI L'ITALIA DA QUESTO IMBARAZZO

mercoledì 19 gennaio 2011

DAI SILVIO DAI

PD, nasce a Parma la Conferenza regionale delle donne


 
  L’assemblea costitutiva si terrà sabato 
22 gennaio alle ore 10 alla Camera di Commercio  di Parma. 
Partirà da  qui la mobilitazione del PD nazionale 
“Berlusconi dimettiti”


19 gennaio 2011
Sarà la città di Parma ad ospitare l’assemblea costitutiva della Conferenza regionale delle donne del Partito Democratico dell’Emilia-Romagna. L’appuntamento è per sabato 22 gennaio, alle ore 10, presso la Camera di Commercio, in via Verdi 2. Interverranno tra gli altri Vincenzo Bernazzoli, presidente della provincia di Parma; Mariangela Bastico, parlamentare e membro del coordinamento politico del PD regionale; Debora Serracchiani, parlamentare europea; Vasco Errani, presidente della regione Emilia-Romagna; Stefano Bonaccini, segretario regionale del PD e Francesca Puglisi, membro della segreteria nazionale del PD.
Partirà inoltre da Parma la mobilitazione nazionale del Partito Democratico “Berlusconi dimettiti”: in Via verdi è stato  organizzato un presidio dove, nella mattinata di sabato, sarà distribuito del materiale e sarà possibile firmare la petizione del Partito Democratico nazionale dove si chiedono le dimissioni del Presidente del Consiglio e il rispetto della dignità delle donne.

“La Direzione regionale e le donne del PD – spiega Mariangela Bastico -  hanno deciso di promuovere e di dar vita, così come lo si sta facendo a livello nazionale, alla Conferenza regionale permanente delle donne. Vorrei – prosegue Bastico - che la Conferenza fosse l'occasione vera per raccogliere intorno al PD tante donne, anche quelle che non hanno mai partecipato alla politica.
Un luogo in cui si facciano proposte e si realizzino percorsi di formazione politica, anche per favorire la presenza delle donne negli organi dirigenti dei partiti e delle istituzioni. Dei talenti – conclude Bastico - dell’impegno e del coraggio delle donne l’Italia oggi ha particolare bisogno per realizzare la buona politica e il buon governo. Proprio per questo la Conferenza aderirà all’appello del PD nazionale “Berlusconi dimettiti” in nome del rispetto e della dignità delle donne e delle istituzioni”.   

Per l’occasione il sito web del Partito Democratico ha attivato una sezione dedicata alla Conferenza delle Donne, dove sarà possibile trovare news, informazioni, documenti relativi all'appuntamento di Parma e alle attività politiche della Conferenza. Tra questi anche un opuscolo dal titolo “Non siamo Bambole” in cui il gruppo consigliare del PD in Regione presenta la sua attività a tutela e sostegno delle donne.
Per iscriversi alla conferenza e partecipare all’appuntamento di Parma è possibile inviare una mail a conferenzadonne@pder.it o scaricare il modulo dal sito internet www.pder.it







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martedì 18 gennaio 2011

OLIVIERO TOSCANI E L'ANDROPAUSA CEREBRALE DI UN EX-ARTISTA



 La vicenda è di quelle che fanno incazzare (ops, perdonate, adirare...) parecchio!

Andiamo con ordine:

 1) Il Consorzio vera pelle toscana conciata al naturale di Ponte a Egola (Pisa) commissiona a Oliviero Toscani un calendario per l'anno 2011 per farsi pubblicità.
2) Oliviero Toscani (originalisssssssimo come suo solito, per lo meno negli ultimi 20 anni) propone di realizzare 12 scatti in primissimo piano di pubi femminili. Le immagini erano già da tempo state realizzate a Parigi e già esposte alla Biennale di Venezia.

3) Il Consorzio vera pelle accetta la proposta di Toscani; non è tuttavia ancora ben chiaro se lo abbia fatto per demenza, leggerezza o perchè in piena sintonia con il pensiero Toscani.

4) Il Consiglio Comunale di Firenze, con una mozione passata all'unanimità, boccia l'iniziativa del Consorzio e di Toscani e passa la mozione direttamente agli organizzatori di Pitti Uomo, luogo e momento in cui il calendario sarebbe dovuto essere presentato.

5) Il comitato di controllo dell'IAP, Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria, ha bocciato il calendario di Toscani perchè ""offensivo della dignità della persona, in quanto il corpo femminile viene equiparato alla 'pelle conciata', ovvero sia ad un prodotto che ad un animale, un animale ucciso, sezionato e trasformato in prodotto di lavorazione", destinato alla commercializzazione (leggi mercificazione), aggiungo io.

 A questo punto Toscani, sentitosi tirato in causa (ma noooooooooo! Poverino, lui non avrebbe mai voluto, creduto, pensato...) non trova niente di meglio da dire che il suo operato è arte e chi non lo capisce è un deficiente o un bigotto e che le donne che lo criticano sono solo delle vecchie femministe invidiose...

OLIVIERO, LASCIATELO DIRE, HAI PROPRIO ESAURITO LE CARTUCCE, TUTTE. 

Tutto quello che potrai dire saranno solo enormi, ennesime banalità. 

FAI UN PIACERE ALLA SOCIETA' CIVILE (mai aggettivo fu più azzeccato dato l'oggetto del contendere), TOGLITI DAI PIEDI, VAI IN PENSIONE TU CHE PUOI (O POTRESTI...) E LASCIA IL CAMPO A CREATIVI CHE ABBIANO QUALCOSA DI NUOVO E DI INTELLLIGENTE DA DIRE.


                                                                              La Segretaria
                                                                              Elisa Bellesia


Articolo di La Repubblica
Pubblicità bloccate/ Toscani e Chionna bocciati dall'Istituto di autodisciplina. Le immagini contestate

giovedì 13 gennaio 2011

Il futuro e i diritti



Concita de Gregorio








È una vittoria di principio, la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento.Una vittoria simbolica – il riaffermarsi dell'idea di Giustizia così come la definisce la Costituzione – destinata tuttavia a restare senza effetti concreti. Come quasi sempre accade in questo nostro disastrato paese non succederà nulla, alla prova dei fatti. Ora che la Consulta ha fatto decadere in parte i contenuti della legge che consentiva al premier di non presentarsi mai in aula il presidente del consiglio dovrà farlo, invece: l'imputato si presenti, dice questa decisione in teoria. In pratica però  esisteva già prima della legge un articolo del codice che definiva le occasioni di  legittimo impedimento: il giudice, di nuovo e come sempre, deciderà di volta in volta se ci siano motivi validi, Silvio Berlusconi farà in modo di presentare giustificazioni che appaiano valide.

Si presenterà in aula il meno possibile, giusto qualche volta, diciamo un paio, per denunciare davanti alle telecamere all'uscita dall'aula la sua condizione di perseguitato. Può comunque dormire sonni tranquilli: tutti i processi in corso ripartono da zero per motivi legati alla nuova composizione dei collegi (gli anni passano, i giudici cambiano) dunque a conti fatti sono tutti destinati acadere in prescrizione. Passeranno i mesi e forse gli anni, non ci saranno sentenze definitive per chi ha corrotto e comprato il comprabile, cose e persone, in spregio al diritto e alla decenza.
Lo spregio al diritto e alla decenza è del resto lo spirito del tempo. Ho ricevuto decine di lettere, in questi giorni, di operai di Mirafiori così come era accaduto nei giorni di Pomigliano. Ho visto anziani operai piangere. La responsabilità che grava sulle spalle dei lavoratori Fiat, in queste ore, è enorme, sproporzionata, ingiusta. Un Paese non può delegare le sorti del futuro di tutti alla decisione di chi non ha alternative al suo posto di lavoro. E' vero che il modello Fiat è destinato  a fare scuola. E' proprio per questo che i lavoratori della Fiat non dovrebbero essere  lasciati soli a decidere.
Ci dovrebbe essere un governo che prende posizione in favore del lavoro e dei diritti (ne abbiamo all’opposto uno che si appiattisce sul diktat di Marchionne), naturalmente un sindacato, ovviamente una sinistra ferma e coesa che si ponesse, unita, il problema della tutela dei lavoratori di oggi e di domani. Chi chiede agli operai di bocciare l'intesa lo fa da casa, dal caldo del suo salotto. Se è una rivoluzione quella che pesa sugli uomini di Mirafiori allora forza, tutti ai cancelli a fare la rivoluzione con loro. Gli inviti e gli appelli scritti al computer, col sigaro che fuma nel posacenere accanto, sono un insulto a quei vecchi che piangono, a quei giovani che scrivono “io come dico a mia moglie che ho perso il lavoro, come pago i libri di scuola ai miei figli, come gli compro da mangiare?”. Cosa fareste voi, ciascuno di voi, se aveste 50 anni, due figli, 1800 euro al mese e nessuna alternativa? Bisognerebbe dire di no, certo, al ricatto.

Però bisognerebbe che un istante dopo ci fosse qualcuno che dicesse bravo, hai fatto la scelta giusta, eccoci qua a garantirti la vita, vieni. Eccomi, sono il governo del tuo paese, vieni. Eccomi, sono un imprenditore illuminato, ecco un posto nella mia azienda. Eccomi, sono l'opposizione, da oggi posso darti io da vivere. Stanno così le cose? Non mi pare proprio. Sono con le spalle al muro, a Mirafiori. Siamo tutti con le spalle al muro insieme a loro. L'atteggiamento di Marchionne è inaccettabile, tutti gli aut aut lo sono: non si porta via la palla dal campo a chi non accetta le nuove (odiose, illegittime) regole del gioco. Si decide insieme, si decide prima di scendere in campo la regola qual è. Lo sanno anche i bambini, persino quelli che fanno i capricci e la palla non la vogliono restituire: sanno che hanno torto.
L'altro corno del problema, però, è che la difesa dei diritti di tutti – negli ultimi decenni – è stata troppo spesso la mortificazione del merito di molti e l'alibi dietro cui si sono nascosti coloro che hanno approfittato della tutela collettiva (perché non sapevano, poveri di capacità e fuori mercato, o perché non volevano, colpevoli di opportunismo) per dare il meno possibile e prendere per sé a discapito degli altri, specialmente dei più giovani. E’ anche questa l’origine della tragedia della generazione senza futuro. Insieme ai deboli sono stati protetti i furbi. Questo anche va detto, in tempi di gravissima crisi economica e sociale: che troppo spesso le tutele garantiscono insieme chi lavora molto e chi poco, offrono giuste garanzie a chi non può e ingiuste tutele a chi non vuole e non sa. Questo avrei voluto sentir dire, anche, da chi difende giustamente i diritti di tutti. Da chi dice agli operai: votate No. Avrei voluto sentir dire mettiamoci al lavoro tutti insieme per ridisegnare i confini delle tutele collettive - per i vecchi come per i giovani che non avranno contratti equi né pensioni – per garantire chi sa e vuole fare e per mettere in fondo alla lista chi approfitta. Non l'ho sentito e temo che pagheranno i deboli, come sempre, e che vinceranno i furbi e i farabutti al potere, come tutto intorno a noi accade ogni minuto.


13 gennaio 2011

ALBERTINA SOLIANI SULLE PERSECUZIONI DI CRISTIANI




INTERVENTO DELLA SEN. ALBERTINA SOLIANI DEL 12 GENNAIO 2011 SULLE MOZIONI NN.359,360 E 363 RELATIVE ALLE PERSECUZIONE DI CRISTIANI

Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, si viene uccisi nelle cattedrali, si muore sulla soglia delle chiese, nel mondo di oggi come nei secoli antichi, per il fatto di essere cristiani; l'uomo crocifisso di nuovo ad opera dell'uomo. Ciò che sta accadendo in Egitto, e prima ancora in Iraq, nel Medio Oriente, in Nigeria, in Pakistan e nel Sud Est asiatico, è un tragico segno del tempo che stiamo vivendo, il tempo della paura, della chiusura, del nemico identificato nel diverso, della religione come strumento di scontro, dell'uso politico di Dio. C'è un campo sconfinato, necessario e urgente davanti a noi, quello del dialogo interreligioso, del pluralismo, dell'iniziativa politica per spegnere le tensioni religiose, per prevenirle, per fermare le violenze e il terrorismo. In questo nostro tempo in cui acuto si fa il confronto tra Occidente e Islam, confronto di cui anche la Chiesa cattolica universale è parte, abbiamo non soltanto la responsabilità di denunciare ma di comprendere la portata storica del processo in atto e di agire. Democrazia, religioni, pace sono realtà interconnesse e strategiche del nuovo secolo; questa è la sfida, insieme con l'economia globale, per aprire la strada ad una convivenza umana matura, per non ripetere gli orrori del Novecento e dei secoli precedenti e per raccoglierne invece l'eredità evolutiva.
Le Carte costituzionali, a partire dalla nostra che all'articolo 19 riconosce a tutti il diritto a professare liberamente la propria fede religiose, e la Dichiarazione universale dei diritti umani, che all'articolo 18 riconosce sotto tutti i cieli la libertà religiosa come costitutiva della libertà della persona, sono il fondamento per l'uguaglianza di tutti i cittadini all'interno delle nazioni senza alcuna discriminazione. È questa la base per la stessa legittimazione degli Stati nel contesto internazionale la cui autorità è messa a rischio dai movimenti di intolleranza e di violenza.
L'Italia, allora, si muova in questo solco all'interno dell'Unione Europea, nell'ONU e nei rapporti con i Paesi oggi coinvolti in questi avvenimenti e con le aree strategiche teatro delle persecuzioni e delle stragi.
Come non vedere che la pace è l'esito ma anche la condizione per la convivenza tra religioni diverse, come dimostra il Medio Oriente terra da secoli abitata da cristiani, ebrei e musulmani.
La fine della cristianità in Medio Oriente, ha detto il vescovo Audo di Aleppo, sarà una sconfitta anche per i musulmani perché questo vuol dire la fine dell'antica tradizione di convivenza. La guerra in Iraq a cui noi siamo stati contrari ha rotto quell'equilibrio delicato.
Benedetto XVI ha annunciato per questo anno l'invito, 25 anni dopo, all'incontro di Assisi dei capi delle religioni. Vorremmo che fosse il punto di arrivo di un grande cammino condiviso da tutte le comunità del Pianeta.
La politica ha un compito irrinunciabile con una visione di lungo respiro che noi evochiamo in quest'Aula: intervenire prontamente per costruire la pace con gli strumenti della democrazia, del diritto internazionale e della diplomazia, della cultura e dello sviluppo per arginare l'estremismo che percorre il mondo islamico ma si insinua anche nella nostra società, per affermare le ragioni universali della libertà, della dignità della persona, del pluralismo, della pace, per sostenere quanti, in particolare nel mondo musulmano, condividono oggi lo sgomento, il dolore per ciò che accade e l'obiettivo di un futuro storico condiviso tra le religioni e le culture diverse. Una convivenza che diventa storia, cultura, comune umanità, pace.

martedì 11 gennaio 2011

«Radio ladrona», in Salento

Radio Padania scippa le frequenze in Salento.
Uno scippo, per ora, autorizzato dalla legge.
L’emittente leghista, infatti, come la benemerita Radio Maria, è classificata come radio comunitaria,ovvero non commerciale e utile alla comunità.
Un regalo del governo Berlusconi che, con la Finanziaria del 2001, ha consegnato agli amici di Bossi e agli uomini in abito talare la possibilità di autoassegnarsi i canali con tanti saluti e con un bel bonus di un milione di euro equamente diviso tra gli uomini di partito e gli illuminati dal Signore.
Se entro novanta giorni dall’aver piazzato la bandierina verde nel risiko delle frequenze nessuno batte ciglio, radio Padania fagocita canali, diffonde il suo verbo e, alle soglie della discussione sul Federalismo,lancia messaggi e cerca proseliti.

Come è accaduto in Salento. Dove la radio di Bossi è arrivata il 17 dicembre scorso sovrapponendosi, da Muro Leccese in giù, a Radio Nice del gruppo Mixer Media,l’emittente che trasmette sul canale 105,6. E in quella che storicamente è considerata la finibus terra e le note e le  parole dei Negramaro e dei Sud Sound System hanno lasciato lentamente il posto a messaggi con un accento  spintamentelumbard e, per lo più, volgari e grossolani. 

Ma dalla terra de lu mare, lu sule e lu vientu non si sono  fatti mettere i piedi in testa. Lo scorso sabato l’editore salentino Paolo Pagliaro ha fatto trasmettere, per protesta,  a reti unificate e su tutte le frequenze del suo gruppo l’inno di Mameli per l’intera giornata. Solo un antipasto. 

TRIBUNALE
Perché la questione si sposterà prontamente dall’etere alle aule diun Tribunale. Pagliaro è pronto a denunciare il sopruso, rivendicando legalità e attaccando la «Padania ladrona ». «Ecco a voi i leghisti - ha tuonato l’editore indignato –violenti, voraci, arraffoni, illiberali, furbacchioni, aspiranti colonizzatori, che non (ri) conoscono la Costituzione Italiana e che la violano con disprezzo.
Violenti perché hanno ottenuto grazie alla gestione del potere l'opportunità di un sopruso-abuso». Un regime di quasi semi-monopolio. Già da oggi partirà una diffida al ministero delle Comunicazioni, un esposto per avviare una fase di accertamento e in settimana sarà depositato il ricorso al Tar nel quale  l’avvocato Gianluigi Pellegrino, su mandato di Mixer Media, solleverà l’incostituzionalità delle norme che permettono a una radio di partito di far  propri dei privilegi che consentono di mettere in atto una strategia ben  lontana dall’utilità socialemache riveste il carattere della colonizzazione pura.
«Vogliamo porre unproblema di norma di privilegio commenta l’avvocato  Pellegrino e verificare le procedure di assegnazione a Radio Padania dal ministero delle Comunicazioni ». «Nessuno pensa di dover impedire a Radio Padania di fare o dire ciò che pensa anche qui dalle nostre parti – ha sostenuto il deputato Ugo Lisi del Partito delle Libertà - tuttavia credo  che la libera espressione di questa emittente non possa avvenire a scapito  delle emittenti salentine, specie Radiorama che racconta questa terra con  le sue storie e le sue virtù». 

Intanto, mentre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano richiama a una maggiore coscienza della proprie radici e la politica salentina prova timidamente a difendere la libertà delle sue frequenze, Pagliaro rilancia, lanciando il suo guanto di sfida ai «furbacchioni leghisti » ai quali ricorda che il Salento «orgoglioso simbolo di accoglienza, ospitacon la schiena dritta, stringendo mani e guardando negli occhi e non si fa schiaffeggiare dagli arroganti ». I leghisti sono avvisati.
10 gennaio 2011



sabato 8 gennaio 2011

IL PIEMONTE, COTA E LE DONNE


 Una semplice lettura, esclusivamente cronologica, degli eventi svela tutta la preoccupante gravità di una situazione che si caratterizza, in sostanza, come vera e propria aggressione, precisa, implacabile e regolare, alle donne: non è solo il principio stesso di autodeterminazione di sé che viene messo in discussione, ovviamente colpendone la sua espressione più viva, vale a dire ogni scelta in tema di sessualità e maternità, ma riteniamo di poter affermare che stiamo assistendo soprattutto ad una ridefinizione culturale, politica, sociale e anche economica dei ruoli, dei comportamenti e delle realtà che le donne abitano, costruiscono e definiscono per sé.
Roberto Cota, presidente della Regione Piemonte, può anche apparire personaggio di scarsa levatura se si considera nella sua complessità il momento che stiamo vivendo e forte può essere la tentazione di leggerne le decisione giuridiche e amministrative sul territorio, se non fossero terribilmente dense di conseguenze, come fatti in fondo prevedibili e contro i quali è doveroso mobilitarsi, ma, ripetiamo, se anche ci limitassimo a una banale lettura temporale, il quadro indurrebbe a qualche riflessione, o domanda, in più.
Come si spiega, per esempio, che un politico fortemente legato alle sue origini, in una regione massacrata dalla crisi economica e in piena emergenza Fiat, si pronunci con relativa misura su temi di rilevanza nazionale, quali il destino di Mirafiori o l’alta velocità, peraltro riproponendo scontato sostegno e prevedibili dichiarazioni d’intenti, ma non perda occasione per scagliarsi con furia contro l’aborto o contro la RU486?
Come interpretarne l’inaspettato controllo, “l’approccio serio e rigoroso che questo Governo ha assunto sulla questione immigrazione ha inoltre scongiurato l’ecatombe a cui in questi anni abbiamo dovuto assistere nel Mediterraneo, con carrette di disperati in balia del mare e sempre a rischio di affondamento e naufragio”, nel pronunciarsi, persino quando si tratta di argomenti cari al suo partito, si pensi appunto all’immigrazione o alla sicurezza, a fronte delle continue prese di posizione pubbliche urlate, su contraccezione, famiglia, sessualità?
Chiariamolo subito, non è certo Roberto Cota il punto centrale delle nostre riflessioni, è piuttosto figura rappresentativa di una politica inevitabilmente nemica, riteniamo però interessante, e illuminante, approfondire l’esame di questi suoi mesi di presidenza e farne una sorta di leva per considerazioni più ampie, in un’ottica di genere.
24 febbraio 2010, Roberto Cota sottoscrive durante la campagna elettorale il Patto per la Vita e per la Famiglia, specificando trattarsi della vita dal concepimento alla morte naturale e della famiglia monogamica ed eterosessuale, fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna: al primo punto l’aborto, e il primo attacco alle donne, accusate di banalizzare l’aborto e di voler utilizzare la RU486 come “aborto fai da te a casa propria”.
31 marzo, il neoeletto presidente tuona contro la RU486 affermando che le confezioni arrivate in Piemonte potrebbero marcire nei magazzini. Cota ribadisce di essere per la difesa della vita e di essere convinto che la RU486 debba venir somministrata quanto meno in regime di ricovero. L’iter di introduzione all’ospedale Sant’Anna di Torino della pratica dell’aborto farmacologico subisce costanti rallentamenti e boicottaggi.
Agosto, Roberto Cota interviene a Rimini al meeting annuale di Comunione e Liberazione e annuncia la sua personale ricetta anticrisi, vale a dire pannolini gratis per tutte le famiglie piemontesi a partire da gennaio 2011 e per i primi sei mesi di vita del bambino. Impegno ribadito ufficialmente a settembre.
15 ottobre, la Giunta regionale del Piemonte approva, con deliberazione n. 21-807, il “Protocollo per il miglioramento del percorso assistenziale per la donna che richiede l’interruzione volontaria di gravidanza”, a firma dell’assessore Ferrero. La Delibera prevede che l’accoglienza delle donne in gravidanza può essere indifferentemente effettuata dai servizi consultoriali, dai centri per la famiglia e dalle strutture del Volontariato e del privato sociale, che abbiano stipulato idonee convenzioni previste nel presente protocollo. Di fatto la convenzione può venire stipulata, in base alle regole per l’accreditamento, con un solo ente di volontariato: quella del Movimento per la Vita. La delibera prevede inoltre che durante il primo colloquio, se necessario e richiesto, deve essere presente il mediatore culturale e/o l’operatore del volontariato e del privato sociale. Per quanto riguarda i requisiti delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di privato sociale per il convenzionamento con le ASL, si tratta di requisiti professionali che possono solo risultare integrativi e non prioritari rispetto all’azione dei volontari.
Questo significa che durante il primo e delicato colloquio in consultorio, la donna che sta richiedendo l’ivg dovrà dimostrare la legittimità della sua scelta di fronte a personale non medico, non qualificato, appartenente a un’unica organizzazione convenzionata con la Regione Piemonte: il Movimento per la vita.
24 ottobre, sala conferenze del Cottolengo, Roberto Cota e Caterina Ferrero, assessore alla Tutela della salute e Sanità, alle Politiche sociali e per la famiglia, partecipano ad un convegno dal titolo “Aborto, noi non ci rassegniamo”, sponsorizzato anche dalla Regione Piemonte e con l’obiettivo di rafforzare la rete delle associazioni di volontari in difesa della vita. Sul palco Maria Grazia Tripoli, del comitato Verità e Vita, la stessa associazione di cui fa parte chi ha aggredito Maria davanti al Sant’Anna, definisce Cota alfiere del popolo della vita.. Cota e Ferrero non si risparmiano certo, e prima di annunciare ufficialmente che sarà la Regione a formare il personale qualificato delle associazioni pro-vita che opererà nelle strutture ospedaliere, ribadiscono più volte che la loro presenza è motivata dalla condivisione dei comuni valori a difesa della vita.
Vale la pena ricordare che il comitato Verità e Vita si batte anche contro la legge 40, ritenendo che ogni fecondazione artificiale deve essere proibita dalle leggi dello Stato, perché sacrifica esseri umani innocenti…
22 novembre, il direttore generale dell’ospedale Sant’Anna, Valter Arossa, sarà una coincidenza ma il suo incarico scade a fine febbraio, stipula una convenzione con l’associazione antiabortista Difendere la vita con Maria, con sede, sarà una coincidenza anche questa, nella Novara di Cota. L’associazione si occupa di recare onore ai poveri resti dei bambini non nati e avviare la prassi pastorale di onorare con l’atto di pietà della sepoltura anche i bambini morti prima di nascere, stipulando ove possibile convenzioni con le Aziende Ospedaliere, le ASL e i servizi Cimiteriali Comunali, l’Associazione dall’anno 2000 ad oggi ha accompagnato alla sepoltura circa 35.000 bambini, venuti meno prima di nascere, la causa della loro morte, purtroppo, è tremendamente drammatica per un’altissima percentuale di loro, non è naturale ma procurata.
22 dicembre, conferenza stampa del Movimento per la Vita a sostegno della delibera Ferrero: è stato appena notificato il ricorso al TAR contro la delibera presentato dalla Casa delle Donne di Torino e si scomoda persino il presidente del MpV Carlo Casini. Interessante una sua affermazione riportata dai giornali, in cui Casini esprime preoccupazione riguardo ad una delle attività possibili e previste in consultorio verso la quale non può che opporsi, vale a dire la prescrizione della pillola del giorno dopo, che definisce “abortiva”.
E a questo punto si ferma la cronistoria e cominciano le nostre riflessioni, e ancora qualche domanda.
Si prevede nei consultori l’ingresso di volontari le cui convinzioni, e azioni, sono in netto contrasto con la gran parte dell’attività svolta dagli stessi, dalla contraccezione d’emergenza, all’interruzione di gravidanza, alla riproduzione assistita: che senso ha? E perché presentare i consultori stessi quasi esclusivamente come luoghi dell’aborto quando le cifre dicono chiaramente che solo il 4% dell’attività riguarda le interruzioni volontarie di gravidanza?
Che cosa nasconde la furia antiabortista di Cota, il riproporre ossessivamente la propria adesione ai valori della vita e della famiglia eterosessuale fondata sul matrimonio, innalzandoli a livello di legge?
Come mai le donne come persone indipendenti, capaci, autonome e libere spariscono da ogni suo discorso per trasformarsi costantemente in mamme potenziali?
Dove sono le studentesse, le lavoratrici, le precarie, le disoccupate, le insegnanti, le anziane, le pensionate, le ginecologhe…, insomma le donne reali che pretendono servizi, che non si rassegnano al precariato a vita, che non vogliono guadagnare meno degli uomini a parità di mansioni, che non accettano di vedersi rappresentate solo come pezzi di carne da sbattere sullo schermo, che scelgono se essere madri e quando?
La risposta sta nel Libro Bianco di Sacconi, sta nel Collegato Lavoro, sta nel piano di Marchionne per Mirafiori e nella volontà, neanche tanto nascosta, di chiudere il conto con tutto quel corpus di leggi, e prima ancora di idealità, che sono il frutto e hanno permeato lotte e rivendicazioni femministe, operaie e studentesche dagli anni 60 ad oggi: autodeterminazione, solidarietà sociale, desiderio di essere protagonisti e protagoniste delle proprie vite.
Desertificare i consultori consegnandoli ai cattolici integralisti, mettere sul mercato la parte più appetibile della sanità, smantellare lo stato sociale per pagare la crisi e realizzare enormi profitti garantendo solo livelli minimi di prestazione, rendere l’istruzione un privilegio e il lavoro schiavitù precaria, tutto questo è già stato pianificato e per le donne ha un significato ben preciso: stare a casa.
Forse non è neppure così importante aggiungere a far figli, perché è proprio il ritorno alle mura domestiche che sancisce una formidabile riscrittura di ruoli: questo stato, questa economia per sopravvivere hanno bisogno di servi in fabbrica e serve in casa, non di donne e neppure, in fondo, a parte qualche dovuto atto di ossequio alla Chiesa per cui sono utilissimi personaggi come Roberto Cota, di madri.

Fonte: VOX CLAMANTIS, link all'articolo