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mercoledì 1 giugno 2011

La nota del mattino 1 giugno 2011


1. OGGI LA CORTE DI CASSAZIONE HA DECISO CHE IL REFERENDUM SUL NUCLEARE SI DEVE TENERE. ACCOLTA ISTANZA DEL PD.

Accogliendo un’istanza del Pd la Corte di Cassazione oggi ha deciso che si terrà il referendum sul piano nucleare del governo che il governo avrebbe voluto evitare con le norme truffa approvate dalla maggioranza in Parlamento e che prevedono una semplice moratoria.
Il Pd è impegnato nella campagna per raggiungere il quorum e per il voto a favore del “sì” in tutti e quattro i quesiti referendari.

2. IL GOVERNATORE MARIO DRAGHI DICE CHE TREMONTI E BERLUSCONI HANNO SBAGLIATO TUTTO, DISFACENDO COSE BUONE E FACENDOCI PERDERE DIECI ANNI. LE PROPOSTE DI DRAGHI PER L’ITALIA PER LARGA PARTE VANNO NELLA STESSA DIREZIONE INDICATA DAL PD NEL SUO PROGRAMMA DI GOVERNO.

Nella sua ultima relazione da governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi (destinato a diventare presidente della Banca centrale europea) ha indicato uno per uno i disastri e gli errori compiuti dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e dal governo Berlusconi, indicando per l’Italia una serie di proposte che vanno spesso nella stessa identica direzione di quelle messe a punto nel suo programma di governo dal Partito Democratico (più vicina alle idee prevalenti in Germania è stata invece la posizione su ruolo e proposte per l’Ue).
Draghi ha voluto ricordare, tra le prime righe del suo intervento, Tommaso Padoa Schioppa. Un ricordo che ha avuto anche il significato di amplificare la bocciatura del metodo dei tagli lineari di spesa da parte di Tremonti: Tps avviò un lavoro di analisi della spesa pubblica voce per voce (spending review), in modo da poter intervenire a ragion veduta. Oggi sarebbe stato davvero utile aver svolto quel lavoro. Tremonti invece chiuse immediatamente quel lavoro ed ha proceduto con l’accetta.
Oggi però, ha detto Draghi, l’Italia farebbe meglio ad anticipare subito la manovra correttiva dei conti pubblici prevista per il biennio 2013-2014 (almeno 40 miliardi di euro, con una riduzione di almeno il 5 per cento in termini reali di spesa pubblica ).
Draghi è stato nettissimo: “Per ridurre la spesa in modo permanente e credibile non è consigliabile procedere a tagli uniformi in tutte le voci: essi impedirebbero di allocare le risorse dove sono più necessarie; sarebbero difficilmente sostenibili nel medio periodo; penalizzerebbero le amministrazioni più virtuose. Una manovra cosiffatta inciderebbe sulla già debole ripresa dell’economia, fino a sottrarle circa due punti di PIL in tre anni”. Insomma, bisogna procedere come aveva detto Tps, non come ha fatto e potrebbe ancora fare Tremonti.
Draghi ha inoltre sottolineato come occorra sostenere la crescita per ottenere equità e risanamento, solidarietà e conti in ordine, indicando una serie di proposte:
- la riduzione delle aliquote fiscali sui lavoratori e sulle imprese, recuperando risorse con una vera lotta all’evasione fiscale;
Draghi ha inoltre sottolineato come occorra sostenere la crescita per ottenere equità e risanamento, solidarietà e conti in ordine, indicando una serie di proposte:
- la riduzione delle aliquote fiscali sui lavoratori e sulle imprese, recuperando risorse con una vera lotta all’evasione fiscale;
- rendere finalmente efficiente la giustizia civile;
- riformare in modo efficiente l’istruzione e l’università;
- aumentare il grado di concorrenza del paese: “La sfida della crescita non può essere affrontata solo dalle imprese e dai lavoratori direttamente esposti alla competizione internazionale, mentre rendite e vantaggi monopolistici in altri settori deprimono l’occupazione e minano la competitività complessiva del Paese”.
- un programma credibile per le infrastrutture ;
- riequilibrando la flessibilità nel mercato del lavoro, ora tutta scaricata sulle spalle dei giovani;
- ammodernare le relazioni sindacali, a cominciare dalla fissazione di regole certe per la rappresentanza sindacale;
- creando le condizioni per una maggiore occupazione femminile;
- offrendo a chi perde lavoro e ne cerca attivamente un altro un sostegno sufficiente;
- ridurre le imposte sulla parte dei profitti delle imprese che può essere ascrivibile all’uso del capitale proprio dell’imprenditore. Indicazione questa che fa giustizia di un altro errore clamoroso compiuto da Tremonti: fu proprio lui ad abolire nel 2001 questa norma introdotta da Vincenzo Visco durante il governo di centrosinistra.

3. SE BERLUSCONI AVESSE A CUORE IL BENE DEL PAESE SI DIMETTEREBBE. IL PD PERNO DI OGNI ALTERNATIVA. LE ELEZIONI LA STRADA MAESTRA, A MENO CHE NON SI RIESCA A FARE PRIMA LA RIFORMA ELETTORALE.

La posizione del Pd è chiara: la maggioranza di governo era cambiata prima, con l’ingresso del gruppo dei responsabili; ora il governo non ha più la maggioranza nel paese. Non solo: il governo ha dimostrato di non essere in grado di governare i problemi reali, di affrontare i problemi del lavoro, dei giovani, delle donne, della scuola, dei redditi delle famiglie, delle pensioni…Insomma, sarebbe bene che Berlusconi si dimettesse.
In questi casi la via maestra è quella delle elezioni. Se però vi fosse la possibilità di fare prima una riforma per cambiare la legge elettorale attuale, allora il Pd sarebbe disponibile a parlarne con tutti coloro che sono disponibili a questo passaggio.
Nel caso in cui il presidente del Consiglio volesse invece giocare la carta della sopravvivenza a qualunque costo al potere, il Pd è pronto alla sfida. Come ha detto più volte il segretario Pier Luigi Bersani: “Noi siamo il pilastro di ogni ipotesi alternativa, avremo tenuta e dureremo più di lui”. Intervista a Dario Franceschini su La Repubblica.

4. QUESTA SERA VERTICE PDL. BERLUSCONI NON MOLLA E TERRA’ DURO. VORREBBE RIPARTIRE A TUTTA VELOCITA’ PER IMPEDIRE L’IMPLOSIONE. ANCHE A COSTO DI SFASCIARE I CONTI PUBBLICI.

Questa sera lo stato maggiore del Popolo delle libertà farà l’analisi dei risultati elettorali e prenderà le eventuali contromisure. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, vorrebbe ripartire a tutta velocità per impedire l’implosione del centrodestra.
Non ha alcuna intenzione di mollare: tenterà di sopravvivere anche se non è in grado di affrontare i problemi del paese. L’unico obiettivo che vuole cogliere è restare al potere il tempo necessario per evitare ripercussioni personali e sugli affari di famiglia (ieri ha riuniti i figli del primo e del secondo matrimonio per affrontare la scadenza della sentenza sul lodo taroccato con il quale sfilò la Mondadori a Carlo De Benedetti: in primo grado il giudice decise un risarcimento da 750 milioni di euro; ora il minimo che ci aspetta per l’appello è che la Fininvest debba dare a De Benedetti 500 milioni di risarcimento).
Per questa ragione ieri ha scaricato tutte le responsabilità dei fallimenti del governo su Giulio Tremonti, affermando che la riforma fiscale del centrodestra dipenderà dal fatto che Tremonti allenti i cordoni della borsa. Come e dove trovare le risorse per fare una riforma ancora non si capisce bene. Quali contorni debba avere ancora non è chiaro. Ma Berlusconi vuole almeno che venga presentato al prossimo Consiglio dei ministri un disegno di legge delega (che va discusso in Parlamento e che rinvia i veri interventi ai decreti delegati, ma che consente di dire: ecco, la riforma è qua). Un’altra operazione di facciata, insomma. Ma se fosse necessario, il presidente del Consiglio è pronto anche a sfasciare i conti pubblici pur di restare qualche mese di più a Palazzo Chigi: teme che senza l’aiuto del potere, a parte i processi, anche gli affari di famiglia finirebbero per andare male ( a cominciare dalla raccolta pubblicitaria per Mediaset, Mondadori e giornali vari della famiglia, ai quali tutti gli imprenditori contribuiscono con larghezza).
Quanto al partito, bisognerà vedere se al posto dei tre attuali coordinatori Berlusconi indicherà come coordinatore unico Angelino Alfano, passaggio che gli consentirebbe di portare Lupi al governo come responsabile della Giustizia. Ma la situazione non è così semplice. La prospettiva di un tramonto di Berlusconi ha messo in moto tutti coloro che vogliono avvantaggiarsi in vista di una futura battaglia interna sul dopo.
Nel frattempo, è ripreso il calciomercato in vista del voto sul governo chiesto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dopo la nomina dei sottosegretari del gruppo dei cosiddetti responsabili. Berlusconi sa bene che deve completare le nomine, altrimenti molti dei responsabili torneranno indietro. E punta a conquistare sul mercato anche altri deputati e senatori in vista del voto già fissato per la settimana che va dal 20 al 24 giugno.

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