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giovedì 3 marzo 2011

La legge guaina



Ora che la Lega gli ha garantito altri quattro mesi di pazienza e dunque di vita (quest’anno non si vota più: l’annuncio solenne a “Porta a porta” per bocca di Fini) il cavaliere inesistente può scansare le carte che lo danno in picchiata nei sondaggi, problema accantonato per difetto d’urgenza, e concentrarsi sulle scadenze imminenti. I suoi processi, naturalmente. È in corso una gara di sartoria tra i suoi avvocati-stilisti, tutti rigorosamente nominati in parlamento e dunque pagati da noi. Ieri la legge-guaina, concepita per aderire al Nostro come una muta da sub, l’ha progettata l’astro nascente Luigi Vitali, deputato Pdl, subito ripreso e sconfessato dal titolare della maison Niccolò Ghedini irritato dall’intraprendenza del ragazzo di bottega. Bisogna dire che era un gioiello, il modello primavera-estate intitolato “prescrizione breve”. Nel testo il beneficiario dell’indulgenza, capace eventualmente di vanificare il lavoro istruttorio di certe procure in specie quelle situate nei capoluoghi del Nord, risponde al seguente identikit: deve avere più di 65 anni, essere incensurato, le carte a suo carico devono essere state depositate in un secondo momento rispetto a quelle che riguardano i primi indagati specie se costoro hanno nomi di frutti di bosco tipo mora mirtillo o lampone. Nulla si dice dell’altezza, del colore della tintura per capelli né di eventuali protesi meccaniche del prescritto breve, tanto hanno capito benissimo anche i bambini. Ne riferirà comunque Alfano in consiglio dei ministri giovedì prossimo, dando prova di restare serio in volto. Con l’altra mano un altro ministro, questo leghista, esclude la possibilità che gli italiani vadano a votare per i referendum insieme al ballottaggio delle amministrative del 15 maggio. I tre referendum, come sapete, riguardano l’acqua pubbliLa legge Guaina ca, il nucleare e la giustizia (legittimo impedimento). Votare il 29 maggio, insieme al secondo turno delle amministrative, avrebbe consentito un risparmio di circa 350 milioni oltrechè una maggior affluenza alle urne. Maroni ha stabilito che invece si debba tornare al voto una terza volta due settimane dopo, il 12 giugno. L’elettorato leghista, ormai avvezzo a trangugiare ogni genere di sconcezza, dovrà dunque assecondare anche l’inutile spreco di denaro pubblico che senza vergogna Maroni sottoscrive. L’unica spiegazione - quella che non possono dare - è che ora hanno paura del voto. Sì, hanno paura degli italiani. Proprio quelli che hanno democraticamente eletto il premier e che vengono sempre chiamati in causa (a sproposito) come fonte di legittimazione da opporre all’eventualità di un normale processo. Ecco, ora che quegli italiani potrebbero esprimersi d’incanto è meglio di no. Dopo, magari più avanti. In estate, dai. E se si devono buttare 350 milioni pazienza, tanto siamo già usciti dalla crisi, non avete visto? E chi dice che qualche decina di milioni si potrebbe forse destinare alla scuola pubblica è un provocatore di quelli che andranno di nuovo in piazza il 12, professori fannulloni e studenti ignoranti. Che gente.

3 marzo 2011

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