Visualizzazioni totali

lunedì 13 dicembre 2010

I DANNI DEL CENTRODESTRA PESERANNO SUL FUTURO DEGLI ITALIANI

Su La Repubblica l’economista Tito Boeri spiega come i tagli all’istruzione si ripercuoteranno domani sui lavoratori.

In tutti i paesi avanzati è stato il lavoro poco qualificato a pagare il conto più salato nella Grande Recessione. Negli Stati Uniti un quarto dei lavoratori con meno di 12 anni di istruzione ha perso il lavoro tra il 2007 e il 2009. A chi aveva studiato anche solo quattro anni in più è andata molto meglio: "solo" uno su dieci ha vissuto il trauma della perdita del lavoro. Nell'area dell'euro il tasso di disoccupazione tra chi ha al massimo completato la scuola dell'obbligo è aumentato di più di quattro punti percentuali in due anni. Quello dei laureati è rimasto quasi invariato.
Le cose in Italia non sono molto diverse: l'unica differenza è che da noi molte persone con basso livello di istruzione rimangono ai margini del mercato del lavoro. I divari nei tassi di occupazione tra laureati e diplomati sono attorno al quaranta per cento, come negli altri paesi, e sono cresciuti durante la recessione. L'istruzione è diventata ancora più di prima la migliore assicurazione sociale di cui un giovane oggi può dotarsi per evitare un futuro difficile, fatto di disoccupazione e bassi salari.

Nel Nord del mondo le imprese che, al di fuori dei servizi, sono cresciute di più sono quelle con un'elevata proporzione di lavoratori qualificati, che hanno saputo innovare producendo beni sempre più tecnologicamente avanzati, al riparo della concorrenza dei paesi a basso costo del lavoro. 

Il nostro esecutivo in questi due anni e mezzo ha tagliato solo un capitolo della spesa pubblica: le risorse per l'istruzione. Nel 2008-2009 sono calate, secondo l'Istat, del 2 per cento, mentre il resto della spesa pubblica aumentava, al netto dell'inflazione, di più del 3 per cento. Secondo le previsioni della Ragioneria dello Stato, le cose sono destinate ad andare ancora peggio nel 2010. La spesa per la scuola dovrebbe diminuire di circa un punto e mezzo e quella per l'università addirittura del 9 per cento in termini reali.

È una scelta di bilancio che non ha alcuna giustificazione economica di fronte alla stagnazione del nostro Paese. Si spiega unicamente con lo scarso peso politico delle nuove generazioni. Rischiamo di pagarla molto cara, la classica zappa sui piedi.

I mancati investimenti oggi fatti nell'istruzione potranno tradursi in un futuro non molto lontano in maggiore spesa per offrire protezione sociale a coloro che, in un mondo sempre più competitivo, non riusciranno a trovare o mantenere a lungo un posto di lavoro. Per questi motivi Francia e Germania si sono mosse in direzione diametralmente opposta alla nostra, aumentando durante la crisi la spesa per l'università e la ricerca.

Nessun commento:

Posta un commento